Capitolo 489: Alea iacta esta

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 La riunione del Consiglio ristretto era andata ben oltre l'orario sperato dai suoi partecipanti. La sera era arrivata e si era trasformata in notte, eppure la discussione era ancora molto accesa.

"Io dico che se Firenze si è permessa di avanzare tanto in fretta dei sospetti tanto decisi verso Dionigi Naldi – stava dicendo Tommaso Numai, battendo con forza il pugno contro il tavolo – vuol dire che sapevano già che Corbizzi sarebbe stato ucciso! I fiorentini sono tutti falsi e opportunisti, pronti a saltare sul carro del vincitore e a far affondare le navi che imbarcano acqua!"

"Ma come vi permettete!" scattò a quel punto Simone Ridolfi, nuovo Governatore di Forlì che, fino a quel momento, aveva preferito tacere, anche quando aveva sentito tacciare la sua città d'origine di malafede e slealtà: "Mi sento personalmente offeso dalle vostre parole!"

"E perché mai vi sentite offeso?" ribatté secco Bartolomeo Maldenti, il Primo Capitano delle Guardie cittadine: "Voi da tempo siete un cittadino di questo Stato. O mi state dicendo che la vostra fedeltà va ancora a Firenze?"

"Giusto!" si agitò Bartolomeo Codiferro, annuendo con decisione: "Dobbiamo sapere se abbiamo in casa delle spie del nemico!"

"Nemico?!" a quel punto anche Ottaviano Manfredi, che aveva cercato di non alzare mai la voce, tranne quando gli era stato chiesto di difendersi apertamente dalle accuse mosse contro di lui dalla Signoria in merito all'omicidio di Corbizzo, non riuscì più a tacere: "Se ragionate così, abbiamo perso in partenza! Firenze è nostra alleata e di sicuro se hanno avanzato dei sospetti si tratta solo di un malinteso!"

"Voi difendete la Signoria – fece velenoso Francesco Numai – solo perché è Firenze che vi paga!"

Caterina non li stava ascoltando. Stava ancora ragionando su quanto insinuato da Tommaso Numai, ovvero che se Firenze aveva, per mezzo di Andrea Pazzi, reso noti i propri sospetti verso Dionigi Naldi e, in misura minore, verso Ottaviano Manfredi, qualcosa sotto doveva esserci. Era mancato il tempo materiale di far arrivare la notizia alla Signoria, aprire una discussione a riguardo e rispedire a Forlì la conclusione di quel dibattito. A ben pensarci, pareva davvero che i fiorentini sapessero già cosa sarebbe capitato al povero Corbizzi e che avessero la reazione pronta.

La situazione, nella sala delle armi, stava sfuggendo di mano. L'aria era calda, satura dell'odore del camino acceso, delle candele e di tutti gli uomini che vi si erano radunati. Rispetto al solito, la Sforza aveva aumentato il numero di partecipanti e il risultato era che si erano ritrovati stipati come sardine.

La Contessa era ancora immersa nei suoi pensieri, quando si rese conto che davanti ai suoi occhi stava per scoppiare una rissa tra Ottaviano Manfredi e Simone Ridolfi da un lato e i Numai dall'altro.

"Smettetela immediatamente!" gridò, abbastanza forte da coprire tutte le voci che si affastellavano nella sala e ottenere un immediato e religiosissimo silenzio.

Galeazzo, che era stato tra i primi convocati alla riunione, era accanto alla madre e osservava in silenzio. La Tigre aveva voluto che ci fosse anche lui per due motivi. Prima di tutto, aveva il presentimento che il tempo cominciasse a stringere, non sapeva dire perché, ma da un po' le sembrava fosse necessario fare il possibile per prepararsi al peggio e, tra i provvedimenti necessari c'era anche perfezionare l'istruzione di quel figlio insegnandogli di persona alcune sfaccettature del mestiere. Dall'altro, sapere che Galeazzo era lì accanto e la osservava con attenzione, la incentivava a tenersi a freno, evitando colpi di testa. I temi che stavano affrontando erano tra i più delicati del momento e la Tigre temeva di lasciarsi trascinare dalla rabbia, prendendo decisioni scorrette.

Così, avvicinandosi alla mappa che rappresentava l'Italia intera, la donna fece spostare quelli che vi si erano accalcati attorno e cominciò a indicare con precisione alcuni punti caldi del fronte: "Il perché Firenze abbia mosso accuse tanto precise e tanto in fretta sarà mia premura capirlo, ma per il momento dobbiamo pensare all'immediato, non perderci in congetture. Dionigi Naldi è ancora impegnato contro alcune colonne veneziane. Se fosse stato lui, come sostengono, avrebbe dovuto pagare dei sicari."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora