Capitolo 580: Dove vole fortuna, sapere non vale.

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"Come mai avete voluto vedermi?" chiese Isabella d'Aragona, le due figlie di cinque e sei anni per mano.

Avevano cercato di convincerla a lasciarle fuori dalla sala, ma la donna aveva insistito e non si era staccata da loro per nessun motivo, troppo prevenuta nei confronti dello zio acquisito per permettere a qualcuno di separarla dalle due bambine.

Ludovico fece un sorriso un po' incerto, benché nei suoi progetti quella sul suo volto avrebbe dovuto essere un'espressione rassicurante, all'Aragona diede solo una sensazione di pericolo.

"Mia dilettissima nipote..." cominciò a dire lui, una delle grosse mani che si apriva e si allungava verso Isabella, come a darle il benvenuto: "Io mi sono reso conto di aver sbagliato moltissimo con voi, moltissimo, moltissimo davvero."

La napoletana taceva, e così le sue figlie. Al Moro sembravano un terzetto di fantasmi. La vedova di Gian Galeazzo era pallida e il suo viso lasciava trasparire solo in parte il fascino che aveva avuto qualche anno addietro. Le due bambine, invece, erano emaciate e come spente, un po' come se fossero reduci da una fatica enorme.

"Non c'era bisogno di chiamarmi fin qui nel vostro palazzo per dirmi queste cose." fece l'Aragona, ritrovando un po' di colore nelle gote: "Che mi abbiate trattato male e che tutt'ora mi impediate di vedere mio figlio, lo so benissimo anche da me, senza che lo diciate."

Ludovico deglutì. Era più difficile del previsto, ma doveva andare fino in fondo. Non aveva alcuna intenzione di lasciare che Francesco, il figlio di suo nipote, restasse a Milano e rischiasse di diventare un fantoccio nelle mani di re Luigi, avendo così salva la vita e salvo il futuro.

Aveva provato a ipotizzare di portarlo con sé fuori dal Ducato, ma era stato informato del fatto che, dopo la brutta questione dell'omicidio del suo tesoriere, s'era creato un vero e proprio picchetto fuori dal castello di Pavia di fedelissimi di Isabella e Francesco e quindi prendere il ragazzino sarebbe stato pressoché impossibile, salvo decidere di spargere il sangue dei suoi sudditi, in un momento già tanto delicato.

E poi, il Duca quasi si sentiva uno sciocco nel pensarlo, ma strappare in modo tanto definitivo quel figlio dalla madre non gli piaceva, come idea. Sentiva che tutto quello che gli stava capitando era solo una punizione divina per quanto aveva fatto a suo nipote prima e a Isabella poi e quindi non voleva peggiorare la situazione.

"Io vi ho chiamata per ben altro, infatti." disse, rafforzando il sorriso tirato: "Io voglio offrirvi i feudi che abbiamo in Puglia e in Calabria, voglio darvi il Ducato di Bari."

Nel dire ciò, l'uomo recuperò sulla scrivania un documento e lo mostrò alla donna che, pur di non lasciare le mani delle figlie, si limitò a leggerlo a distanza, senza impugnarlo.

"Il titolo che era di vostra cugina Beatrice – continuò l'uomo, sforzandosi di suonare convincente e amichevole – a titolo di controdote."

"E in cambio che volete da me?" chiese l'Aragona, aspettandosi il colpo di coda dallo Sforza.

"Che ve ne torniate immediatamente a Napoli con vostro figlio Francesco." rispose Ludovico.

Ci fu un lungo momento di silenzio. Isabella credeva di aver capito male, ma il modo in cui il Duca la fissava le lasciava intendere che, invece, avesse capito benissimo.

Strinse con più forza le manine delle sue figlie e si permise, per un solo istante, di immaginare il suo Francesco, di riabbracciarlo, di rivederlo, finalmente e di poterlo portare con sé, al sicuro, nella sua bella Napoli.

Poi, però, si ricordò della vipera che aveva davanti.

"La vostra proposta mi interessa." disse, senza scomporsi, come se la prospettiva di poter ritrovare il suo figlio primogenito la sfiorasse solo molto marginalmente: "Mi prenderò, però, qualche giorno per ragionarci."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora