Quattro colpi di bombarda, tanto era bastato per convincere in modo definitivo Donato Raffagnino a cedere il castello di Annone a Gian Giacomo da Trivulzio.
Poco gli importava se i suoi l'avrebbero accusato di essere un vile e un traditore. Era vero, i francesi l'avevano contattato in anticipo, per corromperlo e lui, lusingato dalla cifra proposta – che da sola era più alta di un intero anno di stipendio dal Duca di Milano – aveva subito lasciato uno spiraglio aperto.
A farlo decidere, però, per la resa definitiva era stato ben altro: non la propria viltà, ma quella altrui.
Il primo tra i vili, a suo dire, era stato Ludovico Sforza, che aveva pagato i suoi uomini con ducati alleggeriti, cercando di fare il furbo e dimostrando quanto poco li stimasse come uomini e come soldati.
In secondo luogo, sapeva che Alessandro Sforza, già in Alessandria, aveva cercato di convincere Galeazzo Sanseverino a correre in suo soccorso, ma questi, ben lungi dal voler rischiare la pelle per niente, aveva rifiutato subito.
E poi c'era stata la fuga di Lucio Malvezzi. Mandato quasi a forza dal Moro lì ad Annone, non appena aveva visto profilarsi le prime bandiere francesi, aveva cominciato a farsi evasivo e poi, al primo rullio di tamburi, era scappato a gambe levate, con la scusa di esser stato richiamato d'urgenza ad Alessandria.
"Avete fatto la cosa giusta." disse piano Gian Giacomo, quando, oltrepassato il portone d'ingresso della rocca di Annone, si trovò davanti il castellano rinnegato: "Non ha senso combattere contro un esercito come quello che comando io."
Accanto al Trivulzio c'era un uomo che Raffagnino non conosceva nemmeno di vista. Sui trentacinque, o forse qualcosa in più, con lo sguardo sveglio e i capelli e la barba di un castano chiaro che tendeva al rossiccio.
Era intento a osservare in alto, verso il loggiato che dava sul cortile del castello e non stava degnando il castellano della sua attenzione. Sembrava troppo impegnato nel valutare lo stato della fortificazione e a immaginarne, forse, il possibile uso futuro.
"Troilo..." fece Gian Giacomo, passando già oltre a Donato, come se ritenesse già conclusa la loro trattativa, e rivolgendosi a quello che il castellano non conosceva: "Dobbiamo dare ordine di radere al suolo questo castello e anche le fortezze vicine. Voglio dirigermi subito a Valenza. Lì troveremo molto oro e del cibo. E poi ci sposteremo a Bassignana, Caselle, Casteggio... E da lì fino ad Alessandria."
Il Rossi annuì, compreso nel suo ruolo e poi, involontariamente, lanciò uno sguardo a Raffagnino che, per puro caso, senza intenzione, aveva sentito tutto quanto.
Donato sentì il cuore perdere un colpo. Il modo in cui Gian Giacomo si voltò verso di lui gli lasciò intendere che l'aver sentito troppe cose, l'avrebbe presto trasformato in un uomo morto.
"Pagatelo di più. Anche il suo silenzio ha un prezzo." fu invece il provvedimento subitaneo del Trivulzio e così, con Troilo che concordava silenziosamente, compiaciuto nel vedere come il suo amico mantenesse comunque un certo stile, evitando spargimenti di sangue inutili, Raffagnino sentì il cuore perdere un altro colpo, ma questa volta per il sollievo.
Tornata alla rocca assieme al figlio, e consegnati il cinghiale e le lepri rimaste, Caterina passò dal castellano per sapere se ci fossero cose urgenti di cui doveva occuparsi.
Subito, con un automatismo che la donna trovò quasi ridicolo, l'uomo le passò un po' di lettere e le disse: "Queste meriterebbero una risposta al più presto." poi, occhieggiandone un paio sulla scrivania, sospirò: "Quelle, invece, potete controllarle con calma, riguardano il grano che volevate comprare, ma non danno buone notizie."
"E quelle?" chiese la Sforza, indicandone un altro paio che l'uomo aveva messo da parte, ma che indicavano in modo abbastanza chiaro la Contessa come destinataria.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)
Narrativa Storica(Troverete le prime tre parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...