Capitolo 531: Amans qui cupiat scit, quid sapiat non vidit.

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"Spero abbiate fatto un buon viaggio." disse Gian Giacomo da Trivulzio a Giano Fregoso, mentre l'uomo si lasciava aiutare da Troilo de Rossi a togliersi il mantello.

Il nuovo arrivato sollevò le sopracciglia e borbottò: "Verona non è certo dietro l'angolo. Per arrivare fin qui a Torino non vi sto nemmeno a dire che fatica che ho fatto."

Gian Giacomo fece un sorriso un po' stentato, sperando che il tono scontroso del Fregoso fosse legato solo alla stanchezza per la lunga traversata del nord Italia, e invitò i due soldati che stavano accanto alla porta a lasciarli soli.

"E lui?" chiese Giano, occhieggiando verso Troilo.

Lì per lì l'aveva scambiato per un domestico, dato che i suoi abiti erano tutt'altro che nuovi e i suoi modi parevano servili come quelli di un lacchè. Poi, però, mentre si voltava per posare il suo mantello sull'ottomana, aveva notato che quell'uomo portava al fianco una spada e di colpo le sue idee riguardo alla sua identità erano cambiate.

"Lui resta, è un mio carissimo amico. E magari l'avete anche sentito nominare: Troilo de Rossi, di San Secondo." lo presentò il Trivulzio, indicando l'amico con una mano.

"Il Diseredato." fece Fregoso, stringendo un po' gli occhi e ricambiando appena il cenno di saluto dell'emiliano: "State attento a farvi chiamare de Rossi di San Secondo: quelle terre sono ancora in mano al Moro e al Moro non piace, quando qualcuno avanza pretese sulle sue cose."

Troilo sollevò l'angolo della bocca, e poi si grattò un po' la barba corta e fitta che tendeva al rossiccio: "Non mi faccio chiamare in nessun modo. Il mio amico Gian Giacomo stava solo cercando di farvi capire chi sono."

"Veniamo al dunque." fece il Trivulzio, ricatturando l'attenzione di Giano: "Sappiamo che siete in ottimi rapporti sia con Guglielmo Paleologo, il Marchese del Monferrato, sia con Carlo di Savoia."

"Sì, è così." confermò senza tanti problemi Giano.

"Ecco, vi abbiamo chiamato perché re Luigi avrebbe grande interesse a vederli fare la pace e tacitare i loro dissidi." fece Gian Giacomo, sorridendo affabile.

"E io che ci guadagno? Non ho affari, coi francesi, io sono al soldo di Venezia." mise in chiaro Fregoso, gli occhi indagatori che passavano dall'ormai anziano Trivulzio al suo amico, in età, ma un bel po' più giovane.

"Sappiamo che Battista, il vostro parente sta cercando di prendere ciò che non sarebbe suo e che è sempre in lotta con il vostro cugino Fregosino Fregoso." spiegò Troilo, prendendo la parola al posto dell'altro: "Aiutateci e vi sarà dato l'appoggio che la vostra famiglia merita. Il re di Francia non dimentica gli aiuti ricevuti."

Giano si accigliò e poi, con un respiro molto fondo, disse: "Datemi un giorno per pensarci. Devo capire quanto ancora sono una voce gradita, per il Marchese e per il Savoia."

"Certo, senza fretta." annuì Gian Giacomo: "Andate pure a riposarvi e domani ci darete la risposta che aspettiamo."

Non appena il Fregoso se ne fu andato, Troilo si passò una mano sul viso e sussurrò: "Mi sento un cane a dire certe fandonie."

"La guerra è fatta anche di inganni. Se deciderà di aiutarci, poi, non è detto che il re non si prenda davvero il disturbo di sdebitarsi con lui in qualche modo..." minimizzò Gian Giacomo.

Il Rossi deglutì e sbuffò: "Sarà, ma ti giuro che è l'ultima volta che mento tanto spudoratamente."

"Se non vuoi farti ammazzare ben prima di riavere le tue maledette terre del parmense, vedrai quante storie dovrai farti uscire da quella bocca!" esclamò il Trivulzio: "Dai retta a qualcuno che ha più anni di te!"

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora