Capitolo 498: Chi ama il pericolo, in esso si perderà.

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"Riferite quindi al vostro signore, il Duca di Milano – riprese Caterina, versando un po' di liquore all'ambasciatore – che io, come tutti i miei figli, confido in lui e sarei pronta a morire, piuttosto che tradire la sua fiducia. E confido soprattutto sul fatto di poter contare su di lui, in caso di fato avverso e di accidenti della sorte. E, in fondo, credo che sia un mio diritto, dato che abbiamo lo stesso sangue."

Orfeo accettò il liquore, speziato e troppo forte, per i suoi gusti, e annuì in silenzio. Era chiuso da ore, ormai, con la Sforza in quello che sembrava uno studiolo da amministratore, forse del castellano della rocca, ma non aveva ancora ottenuto nulla di diverso se non quelle infinite frasi che sapevano più di pantomima che non di reale tentativo di contatto.

Da parte sua, aveva riferito per filo e per segno tutto ciò che il Moro gli aveva chiesto di mettere in chiaro, specialmente in merito alla necessità, a guerra quasi finita, di andare d'accordo e, in vista di possibili guerre future – Alessandro si era ben guardato, come da ordini, di insistere troppo sui sospetti verso la Francia – di rinsaldare il loro legame familiare.

"Mi spiace solamente – fece la Sforza dopo qualche secondo, usando un tono molto più colloquiale, il piccolo calice di liquore tra le dita e lo sguardo che indugiava verso la finestra oltre la quale si stendeva una notte fredda e molto buia – che gli affari di mio zio gli impediscano di aiutarmi con mio figlio."

"Che intendete?" chiese Orfeo, non capendo a quale dei tanti figli si stesse riferendo di preciso.

La donna, studiatamente, fece un mezzo sbuffo, agitando la mano e alzandosi dalla scrivania: "Oh, lasciate stare... Non dovrei lamentarmi con un uomo della vostra levature di queste cose da donne..."

"Vi prego, invece, di parlar chiaro. Se sono stato mandato qui è per..." Orfeo si morse la lingua appena in tempo.

Stava per dire 'per sapere tutto delle vostre intenzioni'. Non era abituato a bere, e la Contessa sembrava averlo capito. Gli aveva versato un bicchierino dopo l'altro, facendolo in un modo che, in caso di suo rifiuto, lei sarebbe passata da padrona di casa offesa e lui da ospite villano e ingrato.

"Per aiutarvi." rimediò dopo una breve esitazione il milanese.

Caterina sapeva benissimo che il diplomatico era stato a un passo dal tradirsi. Più lo guardava, più lo trovava brutto e, più ci parlava, più lo scopriva antipatico. Ma aveva per gli affari di Stato aveva fatto sacrifici anche peggiori, di scambiare qualche parola con un uomo che non sopportava, e dunque proseguì nella sua recita.

Abbozzando un sorriso, scosse la testa e, andando a mettersi vicino alla finestra, lontana tanto dal camino, quanto dalle candele, in un punto quindi abbastanza scuro dello studiolo, la donna sospirò affettatamente: "Sono una povera vedova con sette figli a carico. Galeazzo, poverino, non è il primogenito, né ha vocazione per la religione o per le lettere, tacciamo per gli affari. Sa solo usare la spada e andare a cavallo. Vorrei saperlo sistemato e per questo avevo provato a chiedere a mio zio un aiuto, ma..."

Orfeo si passò la lingua sulle labbra, mentre lasciava la sua sedia, per non dare le spalle alla Tigre.

Non la vedeva bene, con quella luce e, nell'alzarsi, si rese conto che il liquore gli aveva fatto perdere un po' anche il senso dell'equilibrio.

Tenendosi allo schienale della sedia, disse: "Vedete, mia signora, il Duca avrebbe voluto accettare, ma voi capite che in tempo di guerra è un impegno non da poco, seguire un ragazzo giovane quanto vostro figlio Galeazzo..."

"Certo, certo, lo capisco benissimo." disse la Contessa, vuotando il suo calice e riavvicinandosi alla scrivania per appoggiarlo, andando quasi a sfiorare l'ambasciatore, nel farlo: "Ma vedete... Dovete capire anche me... Mio zio non può badare a lui, però il Doge mi offre una condotta proprio per Galeazzo e a un ingaggio talmente alto che... Ecco, se non fossi una fedelissima e affezionatissima nipote del Duca di Milano, non ci avrei pensato un solo istante, ad accettare."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora