Capitolo 558: Ognuno si tenga i suoi.

161 19 2
                                    

Caterina tornò in camera assieme a Pirovano, non appena la riunione del Consiglio poté dirsi conclusa.

Sentiva ancora nelle orecchie le parole grevi del suo medico, che assicurava, senza ombra di dubbio alcuno, come il morbo da lui visto non potesse essere altro che peste.

La paura aveva subito cominciato a serpeggiare nella Sala della Guerra, e la Sforza aveva capito fin da subito che un'epidemia sarebbe stato un nemico ancor più ostico dei francesi, se avesse permesso alla peste di spargersi in tutto il suo Stato.

"Avanti, devo fare in fretta, tra mezz'ora mi devo incontrare con Ridolfi e con il capo dei magistrati Tornielli." fece la Tigre, lasciando che Giovanni da Casale entrasse per primo in camera: "Ti spiegherò un paio di cose veloci e poi ne discuteremo meglio domani."

Il milanese non aveva in realtà alcuna voglia di prendere lezioni su cosa dire e cosa non dire quando sarebbe stato a Firenze. Non ci voleva andare, per nessun motivo, a Firenze. Solo l'idea gli dava la nausea. Voleva stare lì, a Forlì, accanto alla sua amante, aiutandola di giorno e amandola di notte, come aveva fatto da quando era tornato in città dopo la morte di Manfredi.

Allontanarsi era per lui peggio di una condanna. Mentre al Consiglio si parlava di peste e morte, lui non aveva fatto altro che interrogarsi su cosa ne sarebbe stato di lui, se Caterina fosse morta di peste mentre lui era a Firenze. Non voleva nemmeno figurarsi l'eventualità, ma sapeva che poteva accadere.

Di contro la Leonessa non avrebbe avuto alcuna voglia di istruire Pirovano riguardo l'ambasceria che avrebbe fatto di lì a pochi giorni, ma sapeva che non c'era tempo da perdere.

Avrebbe presto incontrato Simone Ridolfi e Nicolò Tornielli per organizzare assieme a loro tutte le strategie possibili per difendersi dalla peste. Poi sarebbe dovuta tornare da suo figlio Giovannino, perché era ancora critico e non avrebbe sopportato di saperlo morente mentre lei era impegnato in altro. Quindi doveva sfruttare quei pochi minuti per cominciare a dare un'idea a Giovanni di come gestire il suo viaggio a Firenze.

Fece sedere il milanese sul letto e, cominciando a camminare nervosamente avanti a indietro, gli riassunse in breve quale fosse la sua idea. Aveva capito, ormai, che il più grande scoglio da superare fosse Lorenzo Medici. Spiegò a Pirovano quanto fosse sì importante fare discorsi chiari e precisi alla Signoria, ma come fosse altrettanto vitale cercare un piano di intesa con il Popolano.

"Comunque – concluse, sentendo risuonare le campane e rendendosi conto di aver sprecato più tempo del previsto – domani ti dirò meglio i dettagli. Adesso devo andare, che mi aspettano..."

La donna aveva già girato i tacchi ed era quasi alla porta, quando Giovanni, alzatosi in fretta dal letto, la prese per una mano, cercando di fermarla: "Aspetta..." le disse.

La Sforza non capì il suo tono. Le sembrava da un lato che la volesse indurre a restare semplicemente con lui ancora un po', e dall'altro che volesse dirle qualcosa di importante.

Il modo in cui la guardava le fece quasi venire voglia di rimangiarsi il suo ordine e tenerselo accanto, a qualunque costo. La tentazione, però, svanì non appena avvertì la mano di lui stringere la sua appena più forte. In quella presa salda, accorata, la donna lesse una richiesta a cui non voleva dare una risposta affermativa. Pirovano le stava tacitamente domandando di non farlo partire e Caterina si conosceva troppo bene, ormai, per non sapere che, se avesse fatto come voleva lui quella volta, si sarebbe trovata a cedere sempre. Dopo quello che le era successo con Giacomo, che si era rovinato per colpa della sua eccessiva permissività, non poteva permettersi di cadere di nuovo nello stesso errore.

Siccome l'uomo non si risolveva a spiccicar parola, la Contessa dopo qualche istante lo liquidò con un freddo: "Non ho tempo." e se ne andò.

Bianca aveva capito che dovesse essere successo qualcosa di grave, perché, mentre raggiungeva la camera del fratello Giovannino, aveva visto una piccola processione di uomini di fiducia di sua madre raggiungere la Sala della Guerra e poi uscirne tutti confabulanti e agitati.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora