"Che cosa?!" Vincenzo Naldi sgranò gli occhi, incredulo davanti a ciò che Gian Piero Landriani gli aveva appena riferito.
"Vi dico che è così!" assicurò, l'ex castellano: "Ero alla riunione e quando ho visto che strappavano l'ordine... E vi giuro che Corradini ha ceduto e si è unito a loro! Ha dato loro ragione e..."
"Va bene, va bene, ho capito." tagliò corto Naldi, il cui pensiero stava già correndo a sua moglie Dianora e alle sue due figlie.
La Sforza avrebbe fatto loro qualcosa di male, sapendo di quella rivolta e, soprattutto, sapendo che lui non aveva fatto nulla per provare a fermarla? Dionigi aveva imparato a conoscere la Contessa come una donna di indole violenta, ma il più delle volte giusta, quando si trattava di affari di Stato.
L'unica volta in cui non era stata corretta nei confronti dei suoi sudditi era stato quando le avevano ucciso il secondo marito, e in quel caso il castellano di Imola sentiva quasi di poterle dar ragione...
"Io non posso uscire dalla rocca." disse Naldi, cercando di ragionare in fretta.
"Questo lo so bene." confermò il Landriani: "Prima, al vostro posto, c'ero io."
Dionigi annuì, si premette un istante la punta delle dita sugli occhi e poi, non trovando altre cose sensate da fare, disse: "Farò arrestare Corradini. Lo farò portare qui dai miei soldati e lo metterò in cella. Lo useremo come esempio per tutti gli altri. Poi scriverò alla Contessa e le domanderò come fare..."
Gian Piero non vedeva alternativa migliore, perciò gli diede manforte: "Se conosco un po' gli imolesi, vedendo un Governatore finire in cella, si spaventeranno e abbandoneranno queste idee da rivoltosi."
Il castellano non frappose altri indugi, e, con un sospiro pesante, lasciò lo studiolo, seguito dal Landriani e andò a ordinare a un manipolo di soldati particolarmente fidati di andare a cercare Corradini – che sembrava fosse ancora nella sala del Consiglio – e arrestarlo.
"Andateci armati di tutto punto." precisò: "Dichiarate subito la vostra intenzione di catturare il Governatore. La popolazione, nel vedervi, si spaventerà e si sparpaglierà."
"E se non succedesse?" chiese uno dei soldati più giovani, visibilmente teso all'idea di dover prendere in custodia Corradini.
"Allora usate pure la forza anche con la popolazione." decretò in un soffio il castellano: "Meglio due contadini morti che una città persa per non alzare la spada..."
Caterina cominciava a essere irrequieta. A palazzo si era presentata molta più gente del previsto, tanto che il salone sembrava troppo piccolo.
La Contessa, per quell'occasione, aveva voluto mostrarsi in vesti più consone del solito, indossando un abito da donna, abbastanza accollato, e qualche gioiello. Aveva preferito non esagerare, però, nello sfoggio dei preziosi, per paura che, vedendoli, i forlivesi non pensassero più al suo potere, ma solo alla sua ricchezza.
Fuori la pioggia scrosciava senza sosta e l'unica, magrissima consolazione era che non faceva abbastanza freddo per nevicare. In realtà, forse, la Tigre avrebbe preferito una bella bufera. Avrebbe rallentato il figlio del papa, e, in quanto a Forlì, non avrebbe fatto grandi danni, dato che ormai le campagne erano spacciate comunque.
La risposta della cittadinanza era stata molto vivace e, benché quella riunione non fosse stata pubblicizzata più di tanto, la Sforza poteva scorgere davanti a sé non solo i possidenti e i notabili di Forlì, ma anche bottegai, manovali, proprietari dei postriboli, gente dei bassifondi... Insomma, ogni strato della società su cui lei comandava pareva aver mandato un proprio gruppo di rappresentanza.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)
Historical Fiction(Troverete le prime tre parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...