Capitolo 536: Cosa che da nullo altro Signore né Conductiero suo è stata facta

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La lettera appena arrivata alla rocca aveva avuto sulla Tigre un effetto immediato. Così come l'aveva letta, si era chiusa in un mutismo sordo a qualsiasi tipo di domanda e, senza dare spiegazioni né al castellano, né a Giovanni da Casale, che era al suo fianco quando la missiva le era stata consegnata, si era ritirata in camera per riflettere.

Si era convinta che Firenze non si sarebbe mostrata così poco interessata a lei. Anche se si era permessa di lamentarsi delle incongruenze notate nei conti, non si sarebbe mai attesa un simile rifiuto riguardo la riconferma della condotta per Ottaviano.

Sapeva benissimo che suo figlio non era certo un soldato prezioso, ma il fatto che fosse un cittadino di Firenze, secondo lei, avrebbe dovuto fare la differenza.

Seduta alla scrivania, si prese un momento la testa tra le mani, il cervello che lavorava a gran velocità, cercando un modo efficace per girare la questione a suo favore.

Sapeva che i focolai di ribellione a Pisa ancora non erano spenti, ma sembrava ovvio che anche in quel caso Ottaviano servisse poco alla causa fiorentina. In più, e non doveva scordarselo, la Signoria le doveva ancora saldare la condotta scaduta. Anche se suo figlio non aveva fatto molto, aveva comunque dovuto sostenere delle spese per mantenere l'esercito e Boschetti era ancora al campo fiorentino, pronto a prendere ordini, senza però ricevere un soldo da secoli.

La tentazione di scrivere direttamente a Lorenzo era forte, ma sapeva che non era il momento di agire d'impulso. Ormai si era in estate, il caldo quasi improvviso e torrido che aveva stretto nella sua morsa le sue terre lasciava poco a sperare per i raccolti e la metteva in allarme per le epidemie che sarebbero potute scoppiare da un momento all'altro. Sapeva che i francesi si stavano organizzando e secondo gli informatori dell'Oliva Luigi XII stava già facendo muovere i suoi, guidati da Gian Giacomo da Trivulzio per dare il primo assalto al confine milanese.

Firenze non le era mai servita tanto come in quel momento. L'eredità di Giovanni non le era mai servita tanto come in quel momento. Entrambi questi bisogni sarebbero rimasti del tutto insoddisfatti, se avesse calcato la mano tanto da rompere definitivamente una via di comunicazione con Lorenzo.

Però non poteva nemmeno tacere. Le servivano soldi e presto le sarebbero serviti anche alleati potenti che le coprissero le spalle. La Signoria doveva concederle almeno i rimborsi per le spese e una mano tesa, se non per lei, almeno per i suoi figli.

Non gliene importava nulla, se in quei giorni Fortunati – come le aveva fatto presente nella sua lettera – era impegnato a preservare ciò che restava di Cascina, facendo pesare il suo ruolo di piovano. Non poteva dimenticare che lui c'era, il giorno in cui Ottaviano Manfredi era stato ucciso, e non poteva parimenti dimenticare come ne fosse uscito del tutto illeso, mentre il faentino era stato trucidato. Sapeva, coscientemente, che il religioso non avrebbe potuto far nulla per salvarle l'amante, ma un velo di risentimento le era rimasto e pretendere da lui almeno il servigio di qualche ambasciata le pareva tutt'altro che un prezzo alto, per il suo perdono.

'Havemo visto quello ne scrivite, unde volemo siate cum quella Sig.ia et cum Magn.co Laurentio, et faciate instantia che, quando il servizio nostro non siano per acceptarlo, ce vogliano almanco satisfare de quello restiamo ad havere como è conveniente et rasonevole.' scrisse, dopo una brevissima apertura, sperando che Francesco capisse quanto fosse adirata: 'Ma bene saremo contenti che voi recordate a le loro Sign.rie che il servire et la fede nostra non merita questo premio. Che noi, como è manifesto a tucto il mondo, havemo messo suso il Tavoliere la Robba, persone et Stati per farli beneficio, ancora che a questo non fossimo obbligati. 'Cosa che da nullo altro Signore né Conductiero suo è stata facta: et per tale cagione havessimo creduto, quando mai non fossimo stati al Soldo di Sue Sig.ie, haver meritato perpetua provisione da quelle. Da le quale non ce potiamo persuadere procedano queste cose, ma più presto da la malignità de qualchi malevoli.'

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora