C'era ancora chiaro, benché fosse ormai sera. Semiramide era rimasta a San Lorenzo più del previsto e, non temendo di far tardi a cena – dato che sapeva che nessuno l'aspettava, nemmeno i suoi figli, che avevano di certo già mangiato – aveva anche fatto la strada dalla chiesa a casa con una grande lentezza.
Quello era un po' l'unico momento della giornata in cui si poteva respirare. Il sole scendeva all'orizzonte e qualche refolo d'aria dava l'impressione che la temperatura fosse un po' più moderata.
Forse era solo un'impressione, ma la donna aveva deciso di assaporarsi quel momento di solitudine e pace, prima di tornare al palazzo dei Medici. Quella casa, che era stata per lei una promessa di rinascita, si stava trasformando giorno dopo giorno in una prigione. Poteva uscire, poteva invitare dei conoscenti per trascorrere insieme un po' di tempo, ma non riusciva comunque a rompere le sbarre della gabbia mentale che l'aveva catturata nel vivere lì assieme a Lorenzo.
Era cominciato tutto con la morte di Averardo. O forse ancora prima. Forse l'inizio della fine era stato il nascere nella testa di Lorenzo dell'idea di prendersi Firenze, di strappare tutto agli eredi del Magnifico, di vendicarsi.
Semiramide, però, conosceva troppo bene il marito e sapeva che quella voglia di rivalsa aveva radici molto più antiche. Essere vittima della truffa del cugino di certo gli aveva dato lo slancio finale, ma il Medici covava un rancore inveterato fin da quando era bambino.
Nei primi tempi del loro matrimonio, l'Appiani se n'era accorta solo di rado, ma l'aveva capito. Lui non aveva mai accettato la morte della madre, tanto meno quella del padre. Dedicarsi anima e corpo al fine di riprendersi i propri soldi, con tanto di interessi, era stato solo un modo per incanalare la sua rabbia repressa.
Alla fine l'Appiani era arrivata all'ingresso del palazzo, senza perdere tempo, era andata verso la sua stanza, dopo aver dato ordine che le venisse servita lì la cena. Se fossero stati ancora svegli, avrebbe visto i suoi figli dopo.
Tuttavia, mentre raggiungeva la sua camera, sentì uno strano vociare della servitù, e tra i toni concitati dei domestici anche quello più basso e imperioso di Lorenzo.
Cercò di capire che stesse dicendo, ma era impossibile, vista la confusione che stavano facendo, così seguì il rumore e proprio quando arrivò all'origine di quella cacofonia, sentì distintamente il marito dire: "Non mi interessa se il tempo è poco. Vi organizzerete e basta. Che diamine! O che, adesso un ospite vi mette così tanta paura?"
Semiramide guardò i servi che, pur senza dir nulla, lasciavano trasparire dai loro sguardi un profondo scetticismo.
"Andate." ordinò infine il Medici, alzando l'inidice.
Mentre i domestici si allontanavano – e la donna ne sentì un paio dire che per certo questo ospite solitario avrebbe avuto come minimo venti persone al seguito, quindi era legittimo essere un minimo in ansia all'idea di doverli accogliere tanto presto – Lorenzo abbassò lo sguardo verso la propria scrivania, pretendendo di ricontrollare delle carte.
Il suo studio era poco illuminato, in quel momento e il tramonto che finalmente era giunto anche su Firenze non aiutava a dissipare le ombre che infestavano il suo viso.
"Che vuoi?" chiese, rivolgendosi alla moglie.
"Sapere cos'è successo e chi arriverà in casa nostra." rispose lei, senza scomporsi.
"Dove sei stata finora?" domandò lui di rimando, quasi che l'assenza di Semiramide fosse la motivazione della sua reticenza.
"In chiesa." fece lei, senza perdere il controllo, ben sapendo che l'uomo faceva così solo ed esclusivamente per farla arrabbiare e quindi tacere.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)
Historical Fiction(Troverete le prime tre parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...