Capitolo 592: Longum iterest per praecepta...

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Piero non si aspettava una visita della sorella, perciò, quella sera, mentre controllava i camminamenti, quando vide Caterina palesarsi davanti alla rocca di Forlimpopoli si sentì invadere da due emozioni contrastanti.

Da un lato era euforico all'idea di poter passare qualche ora con lei, che, di fatto, era ciò che di più vicino a una famiglia d'origine potesse avere lì, mentre dall'altro temeva che il suo arrivo fosse legato a qualche cosa di grave.

Quasi volando al piano di sotto, il Landriani si affrettò a ordinare agli arganisti di calare il ponte e poi lasciò detto alle guardie: "Lasciatela entrare."

La Sforza dovette tenere saldamente le redini del suo stallone, quando, con rumori quasi spettrali, nella buia sera, il ponte levatoio si abbassò lentamente per permetterle il passaggio. L'umidità che pareva permeare ogni cose le sembrava molto più fastidiosa e insistente che non a Forlì, benché fossero molto vicini.

Quando riuscì a varcare la soglia della fortificazione, la Leonessa trovò ad attenderla il fratello che, a braccia aperte, le sorrideva benevolo alla luce delle torce, troppo felice di vedere una faccia amica e familiare, per passare subito a chiedere conto di quella visita inattesa.

"Devo parlarti." anticipò lei, smontando di sella e andando con sicurezza verso le stalle.

"Vuoi qualcosa da mangiare?" le chiese lui, accordando il passo a quello della sorella, e seguendola.

"Ho già messo qualcosa nello stomaco a casa." spiegò lei, mentre si addentrava nel buio della rimessa per i cavalli: "Ma se farai portare qualcosa da bere, mi farà piacere."

Mentre il Landriani annuiva e tornava un attimo sui suoi passi per cercare un servo a cui passare quell'ordine, Caterina intravide nella semioscurità lo stalliere che più di una volta aveva passato con lei la notte, quando si era trovata lì a Forlimpopoli. Il modo in cui la guardò e le sorrise lasciava capire quanto fosse lieto di vederla e quanto, impudicamente, sperasse di essere di nuovo chiamato ad adempire il compito di farle compagnia fino all'alba.

La Contessa, però, ricambiò quell'occhiata con una sorta di forzato distacco e, dandogli le redini, disse solo: "Dategli da mangiare e da bere. E sistematelo bene. Amo molto questo cavallo."

Il giovane, senza lasciarsi smontare da quell'apparente gelo, chinò il capo, ossequioso e si affrettò ad asserire: "Certo mia signora. Potete sempre contare su di me. Per tutto."

Un po' ammorbidita da tutta quella disponibilità, la donna concesse all'aspirante amante un cenno di approvazione e poi lasciò le stalle, sapendo già che suo fratello l'attendeva nella saletta dove si mettevano a parlare ogni volta in cui lei lo raggiungeva lì alla rocca.

"Questo hypocras è ottimo." commentò piano la Tigre, mentre si lasciava versare un altro bicchiere da Piero.

Questi, abbastanza orgoglioso per la scelta che si era rivelata giusta, annuì e confermò: "Ne abbiamo poco, e lo tengo per i momenti importanti. E una tua visita per me è un momento molto importante."

Caterina sollevò il calice verso di lui, in segno di approvazione e poi tornò al discorso di partenza, ben decisa a chiarire ogni punto del piano: "Naldi arriverà alla rocca con centottanta uomini. So che servirà a poco, ma sono soldati capaci e volenterosi. Sapranno rallentare la discesa dei francesi, o almeno lo spero."

Il Landriani si incupì appena, gli occhi chiari che si perdevano nei riflessi ambrati del liquido che stava sorbendo sorso a sorso: "I francesi saranno guidati dal figlio del papa?"

"Per ora non abbiamo notizie ufficiali, ma lo ritengo probabile." sbuffò la donna, picchiettando le dita contro il tavolo: "E se conosco Rodrigo Borja, sono pronta a scommettere che il mio Stato è il primo nella loro lista nera."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora