Entrare in città era stato anche troppo facile. Caterina aveva usato solo la sua parola, per avere il permesso, e, anche se portava una spada al fianco, l'unica cosa che le due guardie che stavano al portone avevano visto erano state le due monete d'oro che aveva messo loro in mano.
Una volta per le vie di Firenze, si era resa conto di non sapere che direzione prendere. Tra quei palazzi e quei vicoli sconosciuti non riusciva più a orientarsi e nemmeno sollevare il naso in cerca di un punto di riferimento certo, come una torre o un campanile serviva a qualcosa.
Era un mercoledì, un giorno nel cuore della settimana, e infatti i fiorentini brulicavano come formiche, vociandosi l'un l'altro, così presi dai propri affari da non perdere troppo tempo a osservare una donna a cavallo quale era lei.
Non voleva più tergiversare: doveva andare alla Signoria, finché aveva ancora il sangue che scorreva nelle vene come lava incandescente. Aveva sulla punta della lingua le parole da dire, e sentiva le mani fremere.
Il suo stallone si stava agitando. Pur essendo stato allevato per diventare un cavallo da guerra, la confusione dei mercanti e dei cittadini che riempivano la strada erano per lui due fonti di ansia. Era molto più avvezzo a resistere al suono dei colpi di cannone, che a quel genere di confusione.
La Sforza lo capiva. Anche lei si sentiva frastornata. In parte era per via del viaggio, e in parte proprio per il dedalo in cui si era infilata. Nemmeno Milano, per come se la ricordava, era così pulsante di vita.
"Da che parte per il palazzo della Signoria?" chiese a un certo punto a una popolana che arrancava a bordo della strada, con una gallina tenuta per le zampe.
Questa la guardò stranita e poi, ridendo, scosse il capo: "Questo è palazzo Medici – rivelò indicando l'edificio che stava alla loro destra – sempre dritto e si passa il Duomo e da lì si va al palazzo..."
La Tigre ringraziò, non dando peso all'espressione divertita di quella fiorentina che, evidentemente, trovava comico pensare che qualcuno non conoscesse quelle basilari informazioni.
Passarono quasi due minuti, prima che la Contessa si rendesse, però, davvero conto di quanto le era stato detto. Palazzo Medici, ecco cosa le era stato detto. Si voltò di scatto, in direzione dell'edificio che aveva da poco superato. Là viveva ancora Lorenzo. E sempre là aveva vissuto anche il suo Giovanni. Pur essendoci già stata da bambina, assieme a suo padre, si accorse di non ricordare assolutamente nulla di quel posto.
La chiesa di San Lorenzo doveva essere vicinissima. La tentazione di andare sulle spoglie del marito, prima di recarsi alla Signoria, era fortissima. Però... Però stava quasi per venire buio, non sapeva fino a che ora si lavorasse al palazzo, non voleva dover rimandare al mattino dopo.
Avrebbe trovato il tempo di sostare sulla tomba di suo marito prima di ripartire.
'Anche da morto – pensò, con rammarico, mentre dava un colpetto con il tallone al suo cavallo per farlo andare più veloce – devi aspettare che prima mi occupi degli affari di Stato...'.
Più andava avanti, più sentiva il cuore battere in fretta. Il vento, anche tra le case, la sferzava sollevandole il bordo delle sottane. Aveva notato che, più andava verso il cuore della città, più gli sguardi verso di lei si facevano interrogativi. In realtà pensava fossero dovuti al suo modo di cavalcare, non adatto, secondo l'etichetta corrente, a una donna. Tuttavia quella sensazione di essere al centro dell'attenzione la mise in guardia, anzi, le mise fretta.
Era passata dalla porta cittadina senza problemi, ma poteva essere che suo cognato già sapesse della sua presenza in città? Doveva aspettarsi qualcosa da un momento all'altro? Doveva aver paura?
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)
Fiction Historique(Troverete le prime tre parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...