Capitolo 482: Non essere infido né col pensiero, né con la parola...

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 "E dunque, padre, non siete felice per me?" chiese Lucrecia, guardando il volto del papa, che, in quella luce soffusa le pareva così diverso dal solito da spaventarla quasi.

Alessandro VI sapeva di doverlo essere. Un figlio dall'Aragona era quello che tutti si erano auspicati fin dall'inizio. Un modo tangibile di legare Napoli ai Borja, molto più di quanto non avesse fatto il matrimonio tra Joffré e Sancha.

Tuttavia il brillare degli occhi di sua figlia, una luce limpida, quasi innocente, e il suo entusiasmo nel parlare del marito – agli occhi di Rodrigo nulla più di un ragazzino la cui unica fortuna era avere un bel viso e capelli folti – gli stavano conficcando una spina nel cuore.

Era sempre stato lui, l'uomo più importante nella vita di Lucrecia. Ora che Alfonso le stava per dare un figlio, quegli equilibri si erano spostati. O forse, ammise con se stesso, mesto, erano cambiati il giorno stesso in cui lei aveva visto il suo futuro sposo.

Il papa chiuse un momento gli occhi. La giovane Borja poté notare con maggior distinzione le pesanti occhiaie che li cerchiavano e le rughe che, a partire dal centro della fronte, si diramavano sulla sua pelle. Era vecchio. Rodrigo Borja, l'uomo che aveva avuto nelle mani la forza di stringere a sé il mondo intero, si stava trasformando in un vecchio.

"Sono molto felice per te." mentì Alessandro VI, e, mentre riapriva le palpebre, qualcosa nel suo sguardo era cambiato: "Hai fatto quello che andava fatto."

Lucrecia rimase spiazzata da quell'affermazione. Lei amava Alfonso, moltissimo. Più lo conosceva, più tempo passavano assieme, e più avrebbe voluto sentirsi sua e di nessun altro. Con Cesare lontano, poi, le sembrava di tornare a respirare.

"Tuo fratello tornerà presto dalla Francia." proseguì il papa, con un tono molto meno accorato, le grandi mani che tornavano a gesticolare come al solito: "Tempo che si sposi e che il re gli affidi l'esercito."

"L'esercito..?" quella mezza domanda scivolò fuori dalle labbra della giovane prima che potesse ragionarci sopra.

Il padre, nel vederla tanto confusa, sollevò appena l'angolo della bocca e commentò: "Non pensare a queste cose. Pensa al figlio che porti in pancia. Con questo bambino, possiamo finalmente contare sull'appoggio incondizionato di Napoli. Sempre che sia un maschio..."

Un po' sconfitta da quel colloquio con il genitore, che a tratti le era parso più un amante geloso e respinto che non un padre felice di vedere la figlia appagata e innamorata, Lucrecia fece una breve reverenza e, appena prima di uscire, soggiunse: "Tutto quello che ho fatto nella mia vita, padre, l'ho fatto solo per voi."

"Lo so, lo so..." ribatté stancamente Alessandro VI, una mano a sorreggergli il capo, mentre si abbandonava con i gomiti sulla scrivania e fissava la figlia con espressione neutra.

Uscendo, la Borja si imbatté nel Cardinale Raffaele Sansoni Riario che, dopo averla salutata con un ampio inchino, andò subito dal papa.

"Si può sapere che volete ancora da me?!" lo attaccò subito il Santo Padre: "Ho ceduto alle vostre richieste e ho mandato i documenti a vostra cugina! Ora lasciatemi in pace!"

Raffaele, che era andato solo per ringraziare una volta di più il Borja, si ammutolì e, abbassando la testa, mormorò una scusa e fece per andarsene.

Tuttavia, appena prima che il porporato uscisse, Rodrigo si tolse la soddisfazione di dire: "Dopo quel Cesare, anche tutti gli altri Riario dovranno andarsene, uno dopo l'altro."

"Come, scusate..?" chiese il Cardinale, spalancando gli occhi, convinto di aver sentito male.

"Dico solo che le vie del Signore sono infinite." rispose Alessandro VI, con un sorriso serafico che a Raffaele ricordò moltissimo il giovane Borja, quello che, sotto i cannoni puntati da Caterina arroccata a Castel Sant'Angelo, aveva convinto l'intero Vaticano a non cedere alle sue minacce e a costringerla alla resa.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora