Capitolo 629: 21 novembre 1499

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Quella mattina Bianca non era riuscita a far altro che andare a San Girolamo per pregare davanti alla lapide di Giacomo Feo. Non era un istinto che le venisse spesso, ma quella volta era stato così prepotente da portarla ad affrontare il freddo di quel 21 novembre, attraversando in fretta parte della città e andando nella cappella dei Feo senza nemmeno passare un istante davanti alla tomba di Ottaviano Manfredi.

A spingerla in quella direzione erano state due cose, successe in rapida successione. La prima era stata veder partire l'armata di Giannotto. Se n'era accorta per caso, solo perché si era svegliata presto e ne aveva sentito discutere due soldati della rocca.

Nessuno le aveva fatto sapere il perché di quella mossa strategica da parte di sua madre, ma immaginava che fosse dovuta a un pericolo imminente a Imola. Se era così, significava che ormai la guerra stava cominciando e che i suoi giorni a Forlì erano ormai contati.

Subito dopo aver registrato quest'informazione, si era imbattuta in Bernardino, anche lui straordinariamente mattiniero. Il bambino stava correndo via dalle cucine e la Riario aveva sentito distintamente la voce della cuoca redarguirlo e ordinargli di non provare mai più a rovinarle lo stufato.

Bianca, già tesa per la consapevolezza di una partenza molto più vicina del previsto, si era sentita così indispettita dal comportamento del fratello minore da fermarlo per dargli a sua volta una buona dose di rimproveri.

Era riuscita ad afferrarlo proprio mentre il Feo le passava accanto e, mentre lo strattonava appena per avere la sua attenzione, aveva incrociato per un lungo istante il suo sguardo. Molto di rado le era capitato di fissarlo a quel modo. Non ci aveva mai fatto caso, ma in realtà il più delle volte evitava i suoi occhi.

Quello scambio di sguardi era stato sufficiente per rivedere in lui il padre e, allo stesso tempo, per farla ripiombare in uno stato d'animo che aveva quasi cominciato a dimenticare.

L'aveva lasciato andare, senza provare più a riprenderlo. Camminando lentamente e senza una meta, aveva fatto un breve bilancio della sua vita. La colpa più grande, l'unica veramente incancellabile, di cui si era macchiata era stata il voler morto Giacomo Feo almeno quanto lo avevano voluto morto Ottaviano e Cesare.

Era inutile ripetersi che lei era più piccola, che aveva capito meno le implicazioni del suo silenzio, quando aveva subodorato il piano dei fratelli e non era andata subito dalla madre a riferirlo. Il suo ruolo era pesato esattamente come quello degli altri.

A ricordarle tutto quanto era bastato lo sguardo di Bernardino che ancora, malgrado tutto, non si fidava completamente di lei.

E così era andata in chiesa.

Si era piazzata davanti alla tomba di Giacomo e aveva provato a pregare, poi a domandargli perdono e a promettergli che avrebbe protetto Bernardino come meglio poteva, per ripagarlo dell'immenso torto che gli aveva fatto contribuendo a renderlo orfano di padre.

Quando si era resa conto che una lastra di pietra non poteva né risponderle né darle conforto, aveva cominciato a piangere, sommessamente, ma senza smettere un istante.

"Sai, ieri mentre correvo la piazza sotto la pioggia non riuscivo a smettere di pensare all'ultima volta in cui l'avevo fatto." la voce della madre fece voltare di scatto la Riario che, colta del tutto alla sprovvista, tentò di asciugarsi gli occhi con la manica dell'abito e a controllare il respiro per non singhiozzare davanti a lei: "Tu eri con me, nella mia pancia. A ben pensarci, sono stata un'incosciente a voler correre la piazza, essendo incinta, ma tuo padre si rifiutava e non volevo perdere subito il favore della città."

Gli affari di Stato, pensò istintivamente Bianca. Come sempre avevano avuto la meglio su tutto, anche sulla famiglia, e, anche nel ricordare quell'episodio, sua madre sembrava non trovare per nulla grave quell'inversione nella scala dei valori.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora