Capitolo 530: Tamquam miles

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Quando Gaspare Sanseverino, rallentato dalla ferita non ancora del tutto rimarginata, era passato per Imola, diretto a Forlì, aveva fatto scalo presso un portavoce del Moro, frate Paolo da Tortona, priore del convento di San Domenico, che gli aveva fatto sapere di volergli parlare.

"Dunque siete diretto davvero a Forlì?" gli aveva chiesto il religioso: "Avete già il lasciapassare della Contessa, per entrare in città?"

Il condottiero aveva risposto a mezza bocca e così il milanese gli aveva consigliato di farsi annunciare con un po' di anticipo, per essere certo che la donna diramasse l'ordine di lasciarlo passare. In fondo, in quella città non era un volto sconosciuto e le guardie l'avrebbero altrimenti bloccato alle porte, facendogli perdere un sacco di tempo.

Fracassa ringraziò di cuore, troppo stanco per il viaggio e confuso per il dolore alla gamba, per mettersi a pensare ai motivi più profondi di quel consiglio.

Quando ripartì, alla volta di Forlì, da Imola uscì una staffetta diretta a Milano, per dare al Duca la notizia che attendeva riguardo l'arrivo del Sanseverino.

Arrivato nella culla della Tigre, venne lasciato entrare senza problemi grazie al benestare della Sforza e, appena varcata la porta d'accesso della città, l'uomo si affrettò a cercare il suo vecchio conoscente, unico motivo di quel suo lungo viaggio.

Sapeva che i suoi fratelli stavano cercando il modo di farlo tornare nelle grazie del Moro, ma sapeva anche di non avere fondi per fare alcunché. Se anche il Duca avesse voluto ingaggiarlo, in quel momento Fracassa non disponeva che del proprio cavallo e di un manipolo di guardie personali. Non aveva lo straccio di una compagnia e senza i soldi che sperava di ottenere in prestito all'ebreo suo amico, non l'avrebbe avuta nemmeno in futuro.

Galeazzo gli aveva scritto per fargli sapere che uno spiraglio c'era, che se si fosse dimostrato morbido nei confronti di Milano – anche tramite la Contessa – Ludovico Sforza l'avrebbe riaccolto volentieri nelle sue schiere, dandogli, per via della sua salute precaria, inizialmente qualche incarico leggero. Si era parlato di organizzare delle giostre e Gaspare, per quanto vi vedesse un'ironia un po' crudele, in quella proposta, sarebbe stato felicissimo di accettare.

"Duemila ducati?" chiese l'ebreo, quando Fracassa si presentò in casa sua, mentre il sole si avvicinava all'orizzonte.

"Sì, duemila. So che ne avete almeno mille volte tanti, quindi non fatemi storie, vi prego..." fece il condottiero, sentendosi un po' in imbarazzo, nel dover far tante parole con quell'usuraio.

Era un uomo gracile, dal grosso naso e con un occhio un po' sbercio. Se si fossero incontrati su un campo di battaglia, quell'ebreo non sarebbe durato nemmeno tre secondi, davanti alle forti braccia del Sanseverino, nemmeno ora che era ferito.

Ma in quella saletta, in cui spiccavano bilancini di precisione, piccoli forzieri e un arredamento semplice, ma sconvolgentemente costoso, era Gaspare, quello senza speranze di vittoria.

"Non mi piace fare i prestiti agli uomini che di mestieri impugnano una spada, lo sapete. Prestiti troppo a rischio. Un colpo di cannone, una freccia e i miei soldi non me li ridà più nessuno..." si mise a borbottare l'usuraio, guardando l'amico, anzi, il possibile cliente, di sottinsu: "Voi, tuttavia, siete ancora vivo dopo tutte le battaglie che avete fatto, quindi forse siete un po' meno a rischio degli altri..."

"Guardate – fece Fracassa, indicandosi la gamba ferita e zoppicando per qualche passo in modo molto vistoso – con questo guaio non scenderò in campo per almeno altri sei mesi. Non morirò, ve lo prometto, e riavrete quel che vi spetta ben prima che io impugni di nuovo una lancia."

"E va bene. Ma questo prestito vi costerà." precisò l'ebreo, recuperando uno dei suoi taccuini più preziosi e cominciando a prendere nota.

"Quello che serve." annuì il Sanseverino, senza provare nemmeno lontanamente a contrattare: 'Mi basta riuscire a raddrizzare la schiena davanti a Milano' soggiunse, ma solo nella sua mente.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora