Il dottore guardò di traverso la Contessa, inclinando un po' la testa: "Piuttosto, io vi dico di nuovo che dovreste dormire di più, mangiare in modo più regolare ed evitare, per quanto possibile, certi motivi di agitazione e ansia."
Caterina si morse l'unghia, scuotendo il capo: "Ditemi quello che pensate in merito a quel che vi ho detto e basta."
"Non so dire se siate incinta o meno." sospirò allora l'uomo: "Ritengo sia troppo presto per dirlo, ma non escluderei che anche questa volta si risolverà tutto. Vi state solo lasciando impressionare."
La Tigre si massaggiò la fronte. La stanza era illuminata dalla luce tenue del sole. Quel 22 aprile sembrava che finalmente la primavera avesse deciso di palesarsi.
"Sapete come me, però, che potrebbe essere. E se fossi incinta, questo figlio sarebbe di Manfredi, e io un figlio da lui non lo voglio." disse la donna, lasciando il letto su cui si era seduta e mettendosi nervosamente a girare per la camera: "Un altro orfano di padre, io non lo metto al mondo."
"Ebbene..." concluse il medico, non sapendo che altro dirle per calmarla: "In tal caso non ci resta che aspettare. Se la siete, e questo figlio proprio non lo volete, so molto bene che nel vostro ricettario c'è più di un rimedio, per questi casi."
"Non ucciderei mai uno dei miei figli." ribatté la Sforza, la schiena percorsa da un brivido nel ricordare come, tanti anni prima, fosse stata tentata di provare ad abortire, quando aspettava Sforzino.
"E allora non vi resta che pregare di non essere gravida, mia signora. Più di questo, io non posso né fare, né dire." sollevò le mani l'uomo, che era seduto alla scrivania, gli occhi ormai anziani che inseguivano la Contessa da un angolo all'altro della stanza.
Caterina non fece commenti alle ultime parole del medico e lo ringraziò comunque, chiedendogli se le fosse concesso di disturbarlo ancora, nei giorni a venire, se ne avesse avuto bisogno.
"Sono al vostro servizio, mia signora." confermò lui, posandole una mano sulla spalla: "Ma sopra ogni cosa, io vi imploro: cercate di stare tranquilla. Gli sforzi a cui vi sottoponente non possono non farvi del male."
Terminata la visita medica, colta da un pensiero improvviso – involontariamente suggerito proprio dal dottore – la Leonessa lasciò la sua camera e si avviò al piano di sotto, per uscire dalla rocca.
Voleva andare in chiesa, magari in quella di San Girolamo, e tentare il tutto e per tutto. Non era certa di aspettare un figlio, anche se il sospetto era abbastanza forte, e forse pregare era l'unica arma che le era rimasta, non volendo prendere in considerazione nemmeno di striscio la possibilità di perdere volontariamente l'eventuale bambino.
Quasi al portone, incrociò Tommaso Feo, che cercò di bloccarla, dicendo: "Vorrei scambiare due parole con voi..."
"Adesso non ho tempo." lo liquidò lei, quasi senza fermarsi: "Ma vi riceverò appena avrà qualche momento calmo."
L'uomo incassò, senza lasciar trasparire quanto lo infastidisse quel posticipare il suo discorso, e, le mani allacciate dietro la schiena, si mise a vagare senza meta, allo scopo di tirar tardi, nella speranza che la Contessa riuscisse a trovare tempo per lui prima che scendesse la sera.
Arrivata a San Girolamo, Caterina indugiò per qualche istante all'ingresso. C'erano un paio di preti che camminavano lungo la navata laterale, parlottando tra loro. A parte loro, un paio di donne con il velo scuro in testa pregavano vicino all'altare.
La Tigre non voleva dare nell'occhio, così camminò rasente al muro, evitando sia i religiosi sia le pie fedeli che stavano borbottando a bassa voce le loro implorazioni.
STAI LEGGENDO
Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)
Fiction Historique(Troverete le prime tre parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...