Capitolo 567: Sollievo

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Giovanni da Casale rientrò nella sua stanza che faceva ormai buio. Aveva chiesto all'oste di portargli lì qualcosa da mangiare e da bere, perché non aveva nessuna voglia di restare di sotto, in mezzo alla gente.

Era stata una delle giornate più inutili e frustranti della sua vita. Non capiva i giochi della politica, tanto meno quelli della diplomazia. L'unica cosa che gli era stata chiara, mentre se ne stava in piedi come un fesso davanti ai membri della Signoria che, dal mattino alla sera, avevano continuato a ripetergli le stesse cose, interrompendo l'udienza di continuo e con le scuse più disparate, era stato il fatto che dietro la sua convocazione di quel giorno doveva esserci Lorenzo Medici.

Il Popolano doveva aver pensato che lui avrebbe voluto essere accanto a Caterina, durante il processo a Castrocaro, e quindi, per impedirgli di lasciare Firenze, anche se per poco, per starle vicino, aveva ben pensato di farlo convocare proprio quel 14 agosto dalla Signoria, per impedirgli di partire.

Sbuffando ancora per il modo in cui era stato trattato e per la totale inconcludenza di quella messinscena, Giovanni si cavò il giubbetto e allentò i lacci del camicione. Si mise alla scrivania e, dopo una breve esitazione, decise di non scrivere nulla alla sua amante. Avrebbe solo fatto la figura dello stupido.

Alla fine non gli era stato detto altro se non una lunga serie di 'ci penseremo' e 'valuteremo'. Anche se aveva capito che Firenze era tutto fuorché bendisposta nei confronti della Tigre, tutta quella vaghezza gli stava lasciando comunque sperare che alla fine il Beneplacito sarebbe stato più vantaggioso di quanto previsto. Anche se, per il momento, certezze non ne aveva.

"Ecco il vostro vino e un po' di stufato..." fece il locandiere, arrivando in camera, senza aver nemmeno bussato.

Pirovano lo ringraziò, gli disse di lasciare tutto sulla scrivania e poi, quando fu di nuovo solo, annusò il piatto che gli era stato portato, dal quale si sollevava un vapore denso e profumato.

Assaggiò il vino e poi, cercando di smetterla di pensare alla bruttissima sensazione di essere stato raggirato, si chiese silenziosamente come fosse andato il processo a Castrocaro. Sapeva quanto la Leonessa ci tenesse, alla custodia del figlio, e sapeva quanto sarebbe stato importante, ai fini politici ed economici, poterlo tenere a Forlì.

Mentre prendeva un pezzo di carne e lo masticava con lentezza, trovandolo un po' duro, ma molto gustoso, si trovò a chiedersi cosa avrebbe trovato, quando fosse tornato dalla sua donna, nel caso in cui fosse stata sconfitta da Lorenzo Medici. La sola idea lo spaventò tanto che, per il resto della cena, non fece che sgranare rosari immaginari, pregando Dio di aver dato alla Contessa la vittoria che voleva.

"Puccio Pucci..." stava dicendo Caterina, quasi tra sé, mentre accarezzava il collo un po' sudato del suo stallone nero: "Con tutti quelli che potevano decidere di mandarci..."

"L'hanno fatto apposta, mia signora." fu il commento saggio di Numai: "Ricordano molto bene i vostri screzi, quando era ambasciatore qui per conto di Firenze..."

La rocca di Ravaldino era ormai in vista e la Sforza, nello scorgere la statua di Giacomo, che si stagliava contro il cielo già scuro quasi come una minaccia incombente, non poté non ricordare di come, quando il suo secondo marito era ancora con lei, proprio Pucci avesse fatto del suo meglio per far saltare gli equilibri precari del suo Stato. L'aveva sempre considerato un uomo di Piero il Fatuo, ma, evidentemente, era più versatile del previsto, se il Popolano si fidava a usarlo come riscuotitore e portavoce.

Molti dei nobili che avevano preso parte al processo si erano già diradati, tornando ciascuno a casa propria. Solo Luffo e pochi altri seguivano ancora la Tigre.

"Andate a casa..." fece Caterina, guardando il suo Consigliere: "Vostra moglie sarà in pena per voi."

Numai, che avrebbe invece voluto seguirla nella rocca e andare a riferire subito a Cesare Feo quanto accaduto, capì dal tono della Contessa che quello era più un ordine che non un suggerimento.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora