Capitolo 555: Soldato efficiente

116 22 0
                                    

Cesare Borja si infilò con un gesto stizzito la vestaglia da camera e poi, versandosi da bere con tanta fretta da rovesciare metà del vino, imprecò a bassa voce.

Trangugiò quel che c'era nel calice e si pulì la bocca con il dorso della mano. Diede uno sguardo di fuoco alla lettera che aveva appena gettato di lato e bestemmiò di nuovo, questa volta con tono ancora più rabbioso.

Non ne poteva più di starsene in Francia a non far altro che partecipare a ricevimenti e cercare di mettere incinta sua moglie ogni notte. Bramava l'azione, la gloria, il riscatto. Voleva mettersi in mostra e far capire a suo padre che lui era molto meglio di quello che era stato suo fratello Juan, che lui era il figlio predestinato, quello a cui il fato aveva affidato un futuro sfolgorante.

E invece suo padre che cosa gli scriveva? Di non lasciare la Francia finché non fosse stato certo che quella capra di Charlotte D'Albret fosse gravida.

Si grattò, distratto, la guancia, su cui la barba cresceva rada per colpa delle cicatrici che il mal francese gli lasciava dopo ogni recrudescenza.

Si versò di nuovo da bere e, non appena sentì il vino pulsare nelle sue vene assieme al sangue, chiuse con una cinturina di seta la sua vestaglia e uscì dalla camera con passo quasi marziale.

Non gli dispiaceva, avere una donna con cui stare ogni notte, ma alla lunga i pianti e la silenziosa disperazione di Charlotte lo stavano stancando. Anzi, a volte lo angosciavano. Non gli piaceva vestire sempre la maschera del mostro.

C'erano donne che avrebbero pagato oro, pur di poterlo avere per una notte. E invece a lui era toccata in sorte una ragazzina piagnucolosa e spaventata, che lo accettava nel suo letto solo per paura. Anche se aveva già diciannove anni, la sua sposa a tratti si comportava come una tredicenne.

Arrivato alla porta degli appartamenti della sua signora, il Borja la sentì chiacchierare con una delle sue dame di compagnia. Discutevano in un francese tanto stretto che non riuscì a capire se non qualche parola. Così Cesare sospirò e, con gli occhi chiusi, si annunciò.

Il silenzio che seguì al suo saluto la disse lunga sulla reazione della moglie. Quando la dama di compagna andò ad aprirgli, anche il suo volto era uno specchio spietato di quello che lo attendeva dentro.

Charlotte era seduta sul letto e, quando lo vide, come se stesse mettendo in pratica un rituale che conosceva a memoria, ma che la terrorizzava, si mise coricata, sollevandosi le sottane della camicia da notte quel tanto che bastava per permettergli di fare quel che doveva.

Il Duca di Valentonois tirò su con il naso. Distolse lo sguardo e poi sollevò appena l'angolo delle labbra, scuotendo il capo in silenzio.

La giovane non lo stava guardando. Teneva le palpebre già serrate e i pugni stretti lungo i fianchi, aspettando solo che tutto fosse finito.

"Ringrazia il mio Santo Padre – le disse lui, lasciandosi scivolare la vestaglia dalle spalle e andando al letto – per quello che ti devo fare. Fosse per me, ti giuro che cercherei molto più volentieri qualcuna che non mi tratti come se fossi un mostro."

Quello sfogo sorprese Charlotte che, forse tentata di cercare con il marito un contatto più umano, schiuse lentamente gli occhi. Tuttavia si trovò a doverli riserrare immediatamente, perché il Borja, calato perfettamente nella parte del mostro, si era già messo sopra di lei, ben deciso a non perdere altro tempo.

Seguendo i saggi consigli di Bianca, Caterina alla fine aveva riempito lo stomaco, aveva preparato con calma la pozione per Giovannino e aveva passato la notte a vegliare il figlio.

Quella sorta di calma ritrovata le aveva dato modo di ragionare di nuovo sulla questione di Machiavelli e, ritornando di nuovo sui propri passi decise di non mandare più un documento firmato con la sua accettazione delle condizioni fiorentine, ma di scrivere direttamente alla Signoria, chiedendo almeno che Firenze si obbligasse nei suoi confronti, dichiarandosi ufficialmente pronta a difenderla in caso di aggressione straniera.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora