Capitolo 595: Il pranzo a Cascina

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Paolo Vitelli spezzò il pane in silenzio. Guardò un momento quelli che stavano a tavola con lui e si sforzò di esibirsi in un sorriso abbastanza sicuro.

Si era reso conto troppo tardi dell'imprudenza che aveva compiuto. Accettare un invito a pranzo a cena di Ranuccio da Marciano non gli era parso qualcosa di pericoloso, ma, nel momento stesso in cui aveva varcato la soglia di quel palazzo e gli era stato chiesto di lasciare le armi, aveva subodorato qualcosa di sinistro.

Mentre raggiungeva il salone dove gli altri ospiti già l'attendevano, poi, si era rammaricato come non mai di non essersi portato appresso suo fratello Vitellozzo. L'aveva lasciato a Vicopisano, convinto che fosse molto più utile là, e scusando ufficialmente la sua assenza a quel ricevimento con una bruttissima influenza, ma doveva ammettere che si sarebbe sentito molto più al sicuro, se l'avesse avuto accanto.

Il suo seguito sarebbe stato, infatti, di ben misero aiuto, in caso di bisogno. A parte Antonio Tarlatini e Cherubino dal Borgo, che erano bravi a menar le mani se necessario, il maestro Antonio di Niccolò di Castiglion Fiorentino e il segretario Cerbone Cerboni sarebbero stati più un intralcio, che non un soccorso.

Era stato quindi con il cuore in gola e le mani un po' sudate che aveva preso posto a tavola, trovandosi seduto proprio accanto al Marciano, un po' troppo distante, per i suoi gusti, dagli uomini che aveva portato con sé.

Tuttavia, mentre fuori una leggera brezza spazzava Cascina, si poteva dire che quel convivio stesse procedendo senza grossi problemi.

Ranuccio non era un padrone di casa particolarmente affabile, ma era un atteggiamento comprensibile e scusabile, visti i continui attriti che lui e Paolo avevano avuto nel corso di quella lunga e strana campagna. Nemmeno la presenza di Jacopo Appiani aveva insospettito troppo il Vitelli. Gli era stato spiegato che la Signoria aveva ben pensato alle sue ragioni e aveva in effetti trovato eccessivo l'aver mandato due commissari per arrestarlo, così, invece di catturarlo in modo brutale, aveva deciso di sostituirlo con un altro comandante e basta.

"Quindi Firenze ha intenzione di attaccare di nuovo Pisa?" chiese, quasi con ingenuità, Cerboni, masticando rumorosamente la carne che gli era appena stata servita.

"Si deve fare quello che va fatto." rispose, secco e indisponente, Jacopo Appiani.

Quel modo di esprimersi, così diverso da tono disteso tenuto fino a quel momento dal condottiero, fece rizzare i peli del collo a Vitelli. Fu un attimo. Bastò incrociare per un solo istante lo sguardo di quell'uomo per capire che qualcosa sarebbe successo, e che sarebbe successo subito.

Paolo fece appena in tempo ad alzarsi, facendo grattare un po' i piedi dello scranno contro il pavimento, che qualcuno – Ranuccio – lo afferrò per un braccio, trattenendolo. Nel giro di pochissimi istanti, non solo il Marciano, ma anche l'Appiani lo stavano tenendo con forza, storcendogli i polsi e i gomiti, facendolo gemere di dolore, arrivando perfino a dargli un forte pugno nello stomaco e, subito dopo, uno in pieno volto, facendogli quasi perdere i sensi.

Tra le lacrime di dolore che stavano oscurando la sua visuale, il Vitelli vide come tutti quelli che erano entrati con lui in quella sala come ospiti erano ora dei miseri prigionieri, imbrigliati nelle strette ferree dei soldati dei fiorentini, spuntati chissà da dove.

"Sei furbo – disse piano Ranuccio, dandogli uno strattone del tutto gratuito – ma non abbastanza."

"Incatenateli tutti – ordinò con fermezza Jacopo, dando un pestone al piede del Vitelli, anche lui senza che ve ne fosse un reale motivo, al solo scopo di fargli male – e incappucciateli. Voglio essere in marcia tra meno di due ore."

"Ce l'aspettavamo." disse, fin troppo calma, Caterina, senza staccare gli occhi dalla lettera che stava scrivendo.

Giovanni tacque. Non riusciva a capire come potesse la sua amante prendere quella notizia senza nemmeno dimostrare un briciolo di stizza. Proprio lei, che era ritenuta una delle donne più colleriche al mondo...

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora