Capitolo 549: Più fuscelli fan gran fuoco

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"Se non pioverà – concluse Ridolfi, indicando il campo che stava loro davanti, così secco da sembrare coperto di sabbia, più che di terra – possiamo dire addio ai prossimi raccolti."

"E anche aspettarci qualche epidemia..." sbuffò la Sforza, stringendo gli occhi contro il sole: "I ratti hanno sete e stanno arrivando a frotte in città. Avete liberato i gatti vicino alle dispense?"

"Ho fatto tutto quello che mi avete detto." fece Simone, un po' piccato: "Ma con due gatti in croce, non potete certo aspettarvi che tutti i topi di Forlì spariscano."

Irritata dal tono ostile del Governatore, che cavalcava accanto a lei su un placido baio, la Tigre spronò il suo stallone, irrequieto come sempre, e, facendolo voltare di scatto, mise in chiaro: "Lo so anche io, ma l'amministrazione di questa città spetta a voi, quindi vi consiglio di trovare una soluzione, prima che sia troppo tardi."

Cercando di starle dietro, mentre lei riportava la sua bestia sulla strada e si metteva a galoppare di nuovo verso Forlì, Ridolfi le disse: "Farò quello che posso, ma le vostre norme igieniche non sono gradite a tutti!"

"Forse no, ma prima che voi foste Governatore non ho mai avuto grosse difficoltà a farle mettere in pratica!" ribatté la donna e, senza più far finta di volerlo aspettare, colpì con forza i fianchi del cavallo coi tacchi e lo distanziò abbastanza da fare la strada di ritorno da sola.

"Notizie da Forlì?" chiese Piero Landriani, ravviandosi i capelli e avvicinandosi al nipote, Ottaviano, che stava leggendo una lettera vicino alla finestra.

Da che era arrivato a Forlimpopoli, il giovane Riario non aveva fatto molto. Aveva presenziato agli interrogatori dei soldati ribelli, ma di fatto era stato suo zio a fare tutto quanto. Anche quando sua madre Caterina aveva dato ordine di tagliare la mani al capo della rivolta e condannare tutti all'esilio, Ottaviano aveva solo dato il suo formale assenso, senza nemmeno voler guardare mentre la pena corporale veniva eseguita o mentre i condannati venivano accompagnati fuori dai confini dello Stato.

"Mia madre..." sussurrò il giovane, voltandosi a guardare Piero, che aspettava una risposta: "Dice solo che sarebbe meglio se io restassi qui ancora qualche giorno per controllare la situazione igienica di Forlimpopoli... Vuole che si ricordi alla popolazione le norme che lei stessa aveva imposto durante l'ultima epidemia di peste."

Il Landriani, i capelli biondi e corti che erano rimasti un po' in piedi, puntò su di lui le iridi chiare, preoccupato, e chiese: "Pensa che potrebbe esserci un'epidemia a breve?"

Il Riario, che era convinto che quella richiesta nascesse solo dal desiderio della Tigre di non averlo tra i piedi per un po' – in fondo si era già liberata di Cesare e, probabilmente, avere anche lui lontano la stava facendo sentire bene come non le capitava da tempo – scosse il capo e minimizzò la cosa con un semplice: "Immagino sia solo per prudenza..."

"Comunque potete dire a vostra madre che i soldati di questa rocca seguono alla lettera le sue disposizioni." fece il Landriani, con un sospiro, non del tutto convinto dalla risposta del nipote: "E per quanto riguarda la città, poterete vedere coi vostri occhi come..."

"Non intendo uscire dalla rocca." si oppose Ottaviano che, dal suo arrivo, l'aveva lasciata solo una volta, la prima notte che aveva passato lì, per cercare una donna con cui passare un po' di tempo, e l'aveva fatto con la paura di fare qualcosa di sbagliato, come se non fosse autorizzato a prendersi tanta libertà, benché, di fatto, anche Forlimpopoli fosse sua, o meglio, di sua madre.

"Come preferite..." disse piano Piero che, invece, se avesse potuto, sarebbe uscito da quella rocca subito.

Anche se il suo ruolo di castellano gli calzava a pennello e anche se, malgrado la giovane età e la relativa inesperienza, i suoi soldati lo veneravano, c'erano giorni, come quello, in cui il sole e l'aria che profumava d'estate gli facevano rimpiangere il mondo che esisteva fuori da lì. Era come essere un monaco di clausura, ma con il sangue caldo di un ventenne nelle vene. Se fosse dipeso da lui, in mattine come quella, avrebbe preso un cavallo, sarebbe passato a prendere la sua donna, e l'avrebbe portata con sé nei boschi, tornando solo a tarda sera.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora