Camila Se Ne Va

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Non è una fanfiction, ci tengo a precisarlo per chi stesse aspettando una one shot, così può chiudere senza restare deluso, ecco. È uno sproloquio, qualcosa di molto intimo e sincero che mi è piaciuto scrivere e quindi condividere. A presto e grazie!

Devi dirmi cosa fare. Non c'è posto o luogo che possa spiegarmelo, se non tu. Qui. Adesso. Devi, perciò, raccogliere un po' di coraggio, un po' di quella rabbia anche che trascini come una condanna. Una condanna alle mie azioni, non alle tue scelte. Siamo ferme in un luogo da cui non si fa ritorno. È inutile che la porta sia aperta se la soglia la si può oltrepassare solo per andarsene. Chiudi quella maledetta porta, torna qui e dimmi cosa devo fare. Poi potrai andartene. Potrai stringere la tua sentenza nella pesantezza della valigia e rilasciare il tuo sollievo nell'aria della sera. Ma prima chiudi quel chiavistello e ricominciamo daccapo.

Non sono sicura dove tutto si sia rotto, ma ricordo che ad un certo punto non funzionava più. Non è stato graduale, non ci sono state colpe da collezionare sul campo minato della nostra stessa casa. La nostra casa, ti rendi conto? Un campo da guerra con feriti e sangue. Cicatrci aperte che non si rimargiranno solo perché stanotte deponi il fucile. Beh, non ci sono più munizioni, le hai sparate tutte. Complimenti! Griderebbe il cielo se potesse giudicarti, ma visto che sei tu l'unica a cui sia rimasta la voce, sei anche l'unico tribunale, l'unica corte, l'unica giuria che possa dirmi cosa devo fare.

Camminare all'indietro non eviterà di calpestare i vetri rotti, di tagliarsi o di sanguinare. Tutto quello che abbiamo costruito lo abbiamo costruito camminando in avanti. Sempre in avanti. Perciò se devo sanguinare che sia perlomeno in avanti. Sempre in avanti. E chiudi quella maledetta porta! Ti condurrà lontana, dove l'impossibilità di sfiorarti sarà l'ultimo dei problemi. Entra freddo. Non sono abituata a riscaldarmi. Un giorno me l'hai insegnato, ma temo di aver dimenticato tutto. Chiudi la porta, per piacere. Non voglio impedirti di andartene, ma se solo tu potessi dirmi cosa devo fare. Qualcuno, diamine. Ci sarà pure qualcuno qui che può dirmi cosa devo fare! Vi prego, se mi state ascoltando, se qualcuno ha poggiato casualmente l'orecchio su questo sussurro mi gridi ora, a squarciagola, cosa devo fare. Sbrigatevi. Affrettatevi. La porta sta per chiudersi e non so cosa devo fare.

Ho sempre odiato la polvere, il cerchietto bagnato sotto il bicchiere, l'odore della cenere del camino, gli aloni sotto le camice e ora lei si porta via tutto, anche quell'odio sfrontato, sfrenato, verso ciò che non posso controllare. Mi svuota come svuota l'armadio, il bagno, la casa. Se ne va e io ancora non so cosa devo fare. Continua il suo uragano furibondo, ma invece di destare caos e urla, soffia una calma e un silenzio che con la tempesta hanno in comune solo privazione dello spazio. Mi ruba tutto. Il pezzo del divano che non userò più, le lenzuola fredde che non toccheranno più nessun fianco, il lato dell'armadietto che resterà inutilizzato, la parte della libreria che accumulerà polvere.

Camila se ne va. E io ancora non so cosa devo fare. Qualcuno ha mai saputo cosa fare, come agire, come comportarsi, da dove rifarsi per ricordare, o anche solo immaginare, come fosse prima, prima che gli anni spartissero la vita in due.

E ora che è sulla soglia non ha intenzione di indietreggiare. Noi andiamo avanti sempre. Anche se di fronte a noi si profila un burrone: meglio cadere che dover dichiarare "non ce l'ho fatta". Abbiamo più paura di cadere nelle braccia dell'altra che nel vuoto a perdere. E ora perdiamo anche l'ultima cosa buona che abbiamo lavorato a mano, in tutti questi anni, stondandola e levigandola per poi spaccarla in frantumi. Forse dovrei dirglielo, che, a volte, cadere sul morbido è meglio che spezzarsi le ali, ma lei sta già volando e al serratura non si aprirà più.

E io, vi giuro, non saprò mai cosa dovevo fare.




One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora