Cena

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Osservava i partecipanti disillusa. Il grigiore prodotto dagli sbuffi di fumo era l'allegoria dei suoi pensieri. Strizzava il sorriso come avrebbe strizzato un limone e, se non si era troppo avvinazzati dallo Chardonnay, si carpiva anche la medesima acidità. Passava in rassegna i presenti, senza essere colpita da nessun papillon e da nessuna collana di perle; solo l'aragosta, ancora integra nel suo piatto, pareva disgustarla maggiormente. Si chiedeva quale decisione, quale piccola, insignificante scelta l'avesse portata lì, e soprattutto se era una scelta presa nel corso dei suoi giorni o se bisognava puntare il dito contro una sorta di eredità. Camila, seduta dall'altra parte del tavolo, ovvero nella parte riservata ai parvenu, a coloro che ancora dovevano aggiungere uno zero al conto corrente e qualche chilo contro il panciotto per farsi accettare dagli habitué. Shawn prima l'aveva pregata affabilmente, ma non era trascorso nemmeno un minuto che la voce grossa di era riscaldata. Anche Camila, nonostante fosse solo agli albori di quella vita, si domandava se non avesse avuto possibilità di fuggirne.

Quando l'economia divenne il punto focale della conversazione, si sentì in diritto di scusarsi e avviarsi verso la toilette. Fu in quel momento che lo sguardo della donna sconosciuta bruciò sulle sue spalle nude come uno schiaffo in piena faccia. Abbassò gli occhi sulla punta delle sue scarpe, e discretamente, fugacemente volse uno sguardo nella sua direzione. Ne captò appena un bouquet di particolari, prima di risollevare il mento davanti a se e proseguire impettita senza ulteriori distrazioni.

La villa si snodava su uno scheletro enorme, raccogliendo stanze e stanzette di più vario genere. Il costato edilizio, invece, lo si trovava al piano superiore, meno dispersivo rispetto a tutto il resto, l'area era infatti deputata a zona notte. Camila però si era annoiata già parecchie volte a quelle cene, per sapere che in fondo al corridoio scuro si affacciava un terrazzo ampio e isolato, dove nemmeno le voci attutite della zona pranzo disturbavano la quiete della sera. Fra occhiate circospette e un pizzico di prudenza, sopraggiunse sul culmine della terrazza, dove un accenno di vento arieggiava l'arida oscurità. Prese una boccata d'aria, rigenerandosi.

La villa si stagliava in una macchia di verde, circondata da altre villette di medie dimensioni, però abbastanza discoste da non sporcare il paesaggio fino alla linea d'orizzonte. Sulla sinistra giaceva la città, ingombra di luci silenziose. Vista da lì assomigliava ad un animale addormentato. Camila si ricordava di quando camminava in periferia per raggiungere la scuola, stringendo i quaderni come fossero mattoni e nascondendo timidamente lo sguardo da occhiate indiscrete. Non era cresciuta nel lusso e nella protezione: il primo glielo aveva offerto la fortuna, la seconda se l'era cucita addosso.

«Pensavo di essere l'unica a voler scappare.»

Camila sobbalzò col cuore già in gola. Le scuse le si stavano già srotolando sulla punta della lingua, quando i suoi occhi incrociarono quelli della donna misteriosa e allora le labbra si serrarono ermeticamente.

«Ti sbagliavi.» Sorrise appena, mentre il sorriso dell'altra fu uno slancio più vigoroso.

Lentamente si avvicinò, passo dopo passo, scrutandosi attorno e concedendo così la possibilità a Camila di scrutare lei. Linee sinuose e formose si disegnavano sotto il tessuto attillato, anche le gambe, seppur fasciate nella gonna lunga, spiccavano per rigorosità. Le guance avvamparono ingiustificatamente, seguite dall'arsura. Si costrinse a distogliere lo sguardo, ma con qualche secondo di ritardo affinché Lauren non la cogliesse in flagrante.

«Ci vieni spesso qui?» L'affiancò, appoggiando la schiena alla balaustra. Camila ringraziò la penombra per farle da scudo.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora