Mezzanotte

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L'inserviente stringe più forte il manico del mocio quando la mia impronta polverosa si imprime sul pavimento lustro. Credo le persone come me siano la ragione per cui odia il suo lavoro, o l'America intera. Pare ancora non abbia finito di collezionare nuovi amici. Il cameriere pulisce il bancone come se lo strofinaccio fosse più degno di me. Sicuramente è più pulito. Comunque, a parte il grasso sul collo, credo queste persone siano abituate a socializzare con la sabbia. Per migliaia di chilometri è l'unica cosa respirabile, e, a giudicare dal silenzio di sottofondo, credo sia anche l'unica cliente.

«Mi scusi, posso usare il telefono?» Dò per scontato ne abbiano uno, anche se siamo nel ventunesimo secolo e le tasche di chiunque sono più pesanti sul lato dello smartphone che del portafoglio. Il suo cipiglio lo sa bene.

«In fondo a destra.» È talmente svogliato che capisco perché il barattolo delle mance sia vuoto.

Vorrei ringraziarlo, ma ha già abbassato gli occhi sul bancone. Se non fosse per la sabbia, sicuramente ci penserebbe lui a far scappare i clienti. Pare la cornetta del telefono non sia usata da tempo, o almeno: è la cosa più lucida nel raggio di venti miglia che abbia visto. Compongo il numero e aspetto minimo cinque squilli, ma invece al terzo Chris sta già bofonchiando. «Lo so, ma cento chilometri sono sempre meno di mille. E ti ricordo che me l'hai consigliata tu questa stupida macchina. Ok, muoviti. - segnale acustico- Coglione.» La sbatacchio con troppa veemenza per non essere ammonita dall'inserviente, mentre il cameriere non sembra interessato a niente oltre le macchie già lavate via.

«Posso ordinare un piatto?» Forse questo lo accontenterà, ma mi sbaglio.

«La cucina è chiusa a quest'ora.» A proposito, che ore saranno? Vorrei basarmi sul caldo o sul raggio di sole che illumina la mia scia di orme, ma in questo dannato posto si suda anche a mezzanotte.

«Una bibita?» Non sono così insistente di solito, ma avendo spinto per tre miglia l'auto scassata di quell'idiota dell'amico di mio fratello in mezzo al nulla più assoluto, beh posso diventare più acida anche io.

Lui sbuffa, ma non si oppone. Neanche mi chiede cosa voglio, come se sul menù non ci fossero tante scelte. D'altro canto, nemmeno lo vedo un menù. Forse sono stata troppo tempo fra le arterie chissaose al neon per apprezzare questo mondo granelloso e scorbutico. Mi serve il bicchiere più grande della vetrina, come se non volesse vedermi per un po' dopo. Trovo la forza di ringraziarlo solo perché i cubetti di ghiaccio sono la prima cosa buona della giornata. Ed è anche la prima volta che posso scegliere dove sedermi. Mentre mi accomodo al tavolo all'angolo, una donna dai riccioli biondi mi sfreccia accanto, riservandomi la stessa occhiata che io dedico a questo bicchiere ghiacciato: gustosa e bramosa. Il suo saluto squillante non si sa a chi sia rivolto, visto che nessuno lo accoglie. Ho quasi l'intenzione di alzarmi e seguirla, ma mentre spinge la porta la mia attenzione cade su una figura che non avevo visto prima. Non so da quanto tempo sia qui, ma abbastanza da aver dimezzato la porzione nel suo piatto.

Io non sono mai venuta in questo paese con l'intenzione di restare, ma la macchina si ferma nel bel mezzo del niente. E non sono entrata nemmeno in questo Diner per restare, ma ironia della sorte qui c'è una donna che mi induce a non andarmene. La mia vita è fatta così.

Lei mi sta fissando, ma non ha lo sguardo sfacciato e franco della bionda, il che mi induce a consultare i cubetti tintinnanti nel mio bicchiere. L'orizzonte infuocato potrebbe essere un'ottima distrazione, ma lei non ha intenzione di deconcentrarsi dal mio volto. Potrebbe semplicemente chiedersi perché ho le mani e il collo abbelliti dal grasso color pece, ma i suoi occhi non mi danno quell'impressione.

«Credevo la cucina fosse chiusa.» Dico infine, verso di lei, che prima di rispondere si assicura di aver masticato per bene il boccone, ma solo per farmi acquolina.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora