Ho realizzato che non sarebbe finita quando ho capito che ero ancora lì a trovare le parole per dirle che non avevo più niente da dirle. Lauren credo non l'abbia capito subito, teneva le mani giunte come i soldati in battaglia: sperava che mostrassi clemenza e la uccidessi senza spargere troppo sangue. Credevo davvero che fosse ciò che volevo, perché avevo raggiunte un limite che -ero consapevole- avevo esasperato pure io.Prima la pressione delle audizioni, poi i media, le interviste, il mostrarsi sempre al massimo della forma e senza problemi. Non riuscivo più a decidere niente senza che qualcuno lo facesse prima per me. E quella mi pareva la prima scelta individuale da un po' di tempo. Però era anche la più sbagliata. Questo faceva di me qualcuno che o non poteva scegliere per se stesso o che sceglieva l'opzione peggiore? A giudicare dallo sguardo patinato di Lauren, sì. Sì, ero diventata decisamente quella persona.
«Non capisco perché non me l'hai detto prima.» Una nota risentita le solleticava le lacrime.
«Non sapevo cosa dirti.» Per quanto scarna e insoddisfacente, era la verità. Non volevo mentirle proprio adesso, non dopo che eravamo lì per colpa di una mia bugia.
«Che volevi andartene, magari. Che non ti interessava più stare nel gruppo, che avevi altri progetti di vita. Sarebbe andata bene qualsiasi cosa.» Aveva puntualizzato con enfasi, indirizzandomi un'occhiata accusatoria che non avrei perdonato se le circostanze fossero state diverse.
Annuire sembrava la scelta migliore e, dopo aver inspirato a fondo, fu l'unica risposta che le diedi.
«Pensavo che stessi meglio, adesso.» Un sussurro poco più udibile di un soffio di vento mi aveva travolto in pieno.
«Lauren...» Reclinai la testa, scuotendola impercettibilmente. Non avevo la forza di affrontare nuovamente quell'argomento, come non avevo il diritto di chiederle di non farlo.
«Ne abbiamo parlato a lungo, noi avevamo un patto.» Il panico le infervorava la voce.
Io, al contrario, mi ero raffreddata. Avevo imparato che da certe fiamme puoi farti lambire solo una volta, alla seconda non ne uscirai vivo. «Non è stato abbastanza.» E delle mie, di fiamme, ero quella più azzurra, quella che ricordava il ghiaccio anche mentre ardeva.
«Ma..» Un sospiro le aveva spezzato pensieri e parole lasciando spazio ad un'imprecazione. Era un buon segno. Nel linguaggio della corvina significava che stava accettando suo malgrado di non poter cambiare la realtà solo perché troppo dolorosa.
«Lauren, tu sarai sempre una delle persone migliori che abbia conosciuto...» Non sapeva quante notti insonni avessi dovuto sopportare per convivere con quella consapevolezza. Sarebbe stato più facile odiarla che amarla da lontano, ma distorcere l'immagine che avevo di lei sarebbe stato come tradirla... E quello era già successo a una delle due. «Ma non posso starti vicino sapendo che ami un'altra persona.»
«Ma amo anche te!» Era scattata in uno slancio disperato, afferrandomi le mani con impegno e devozione.
Deglutire non serviva a smussare il nodo alla gola, ma perlomeno mi consentiva di sorridere. «Non è la stessa cosa, Lauren.» Quanto coraggio ci voleva per insegnarle la differenza fra l'amore che non avrebbe mai avuto da lei e l'amore che legava la nostra amicizia?
«Lo so, ma ce lo faremo andare bene.» Il suo modo febbrile di annuire era una supplica a capo basso solo con lo sguardo alto.
«Tu forse si, ma io no.» Le aveva accarezzato la mano un'ultima volta prima di allontanarla da me. Non potevo ricordare le impronte dei suoi polpastrelli se ora toccavano qualcun altro.
«Camila, tu hai perdonato tanto. Ti sei abituata nei mesi, non rinunciare adesso.» Lauren commetteva il grave e nobile errore di pensare al bene comune prima che a quello personale. Solo che in quell'occasione non poteva pretendere che io facesse lo stesso, proprio per il motivo che mi aveva appena rammentato.
«Devo andare per questo. Perché non voglio "abituarmi", vivere la giornata a mezzo perché l'altra metà mi serve per dimenticare quello che c'è stato fra noi qualche anno fa. Non posso frequentare nessuno se ci sei tu nei paraggi, perché vederti mi ricorda che non sono pronta a lasciarti andare. Non posso stringere la mano di Lucy sapendo che lei vive qualcosa che io ho perso o che, peggio ancora, non ho mai avuto.» Ripresi fiato, più per me stessa che per effettivo bisogno fisiologico. C'erano cose che potevo ammettere ad alta voce solo se mi prendevo qualche secondo per affrontarle. «Quando Lei ti chiede di me, tu cosa le racconti? Che siamo state bene, ma non è stato niente di che? Non voglio essere il tuo "niente di che". Voglio essere qualcosa di diverso e ho questo costante pensiero quando vi vedo insieme che mi ricorda che lo sono stata. Sono stata il tuo "niente di che", quando sai perfettamente per me cosa sei stata tu.» Non sapeva quando le avesse avvolto nuovamente le mani nelle sue, non sapeva nemmeno quale delle due stessero tremando ora, solo che entrambe si aggrappavano all'altra. «Non voglio ricordare a me stessa tutti i giorni che questo mi basta, che esserti amica è abbastanza, che non ho più bisogno di baciarti o sentirti dire parole che non osi pronunciare guardandomi negli occhi. Non voglio più sapere che Lei è riuscita a fare qualcosa con te e di te che io non ho mai saputo fare. Non voglio dire a me stessa che non essere lei è tutto ciò che mi manca, perché a me non manca niente, ma se ti vedo con Lucy ancora una volta continuerò a credere che sia così, e non va bene. Non sono un "niente di che", d'accordo? E non è colpa tua se non puoi amarmi, ma nemmeno mia se non so convivere con questa consapevolezza.» Dirle come mi sentivo era l'ultima cosa che avrei voluto quando avevo varcato la soglia, ma ormai non serviva più a niente caricarsi di quel fardello da sola.
Un po' di colpa Lauren doveva condividerla. Era stata lei a baciarmi, lei a intrufolarsi nel mio letto, lei a voler iniziare una relazione. Però potevo davvero condannarla per non avermi mai guardata con gli stessi occhi con cui guardava Lucy? Era qualcosa che nasceva o non nasceva. Per diverso tempo avevo cercato risposte a domande che non avevano vita propria, per poi rendermi conto che non esistevano spiegazioni. Non importava quante lacrime piangessi o quanto mi desse pena per mettere insieme i puntini e tracciare un disegno che avesse una forma riconoscibile. Non c'era una ragione per cui non fosse sbocciato quel sentimento. La colpa non era mia. Ora dovevo anche metterlo in pratica.
Quando protrassi il braccio Lauren credette che fosse per afferrarla di nuovo, ma invece imbracciai il borsone e mi alzai in piedi. Dentro di me detestavo dover essere io a rinunciare a ciò che amavo, ma sapevo che era la cosa giusta. «Devi lasciarmi andare. Devi accettare che per quanto bene ci sia fra noi, non può compensare l'amore che voglio io. E devi lasciarmi dimenticare questo. Dopodiché, o avrai cambiato idea e verrai a cercarmi, oppure ti cercherò io per essere quello che oggi non possiamo essere: amiche. Se mai dovessi cambiare idea, dovessi ritenere anche solo una mia parola sbagliata, spero tu avrai il coraggio per dimostrarmelo e la forza per lottare per me come io ho lottato per te in questi mesi.» La guardai un'ultima volta. Sapevo che il suo silenzio era dovuto ad una paura e non ad una risposta, ma convinsi me stessa che quello sarebbe stato il momento propizio per imboccare l'uscita.
Da allora aspetto di sapere se potrà mai trovare la forza di farsi perdonare quel silenzio.
STAI LEGGENDO
One shot Camren
FanfictionOne shot Camren Comprenderanno anche alcuni capitoli "interattivi" e capitoli riguardanti storie presenti sul mio profilo (come fight back, she loves her etc...)