Someone else

250 16 0
                                    



I've turned into someone else.

————

I giorni bui

Le pillole nell'armadietto del bagno, i fogli sparsi per la camera, il conto perso dei giorni presenti dicono tutti la stessa cosa: non va bene per niente.
Sul telefono ci sono dieci messaggi non letti da parte della mia terapeuta. Vorrebbe dirmi qualcosa che non voglio ascoltare. Posso farcela, ripete una voce nella mia testa, ma è un eco nel vuoto: un rimbombo dentro al niente che rumore produce? Non importa cosa ogni oggetto fuori posto dica di me, o cosa una cartella clinica dica della mia persona: posso farcela.

Lentamente rimetto in ordine le settimane, trovo un senso a quel tempo annegato nell'apatia. Recupero il ritmo di una quotidianità dimenticata. Quanto a lungo sono stata qui senza saperlo? Gli altri ti vedono, allora esisti, ma niente in te vive abbastanza da ricordarlo. Questi sono i giorni bui. Sono i giorni in cui tutto l'amore del mondo non potrebbe salvarti.

Durante questi giorni mi chiudo in casa, esco solo per adempiere ai miei doveri e mi ritrovo nello stesso posto ogni sera. Sono i giorni della dimenticanza, dove compleanni, weekend, mercoledì, matrimoni e lunedì mattina sono la stessa cosa, hanno lo stesso sapore, avvengono con la stessa indistinta indifferenza. Ed io continuo ad esistere grazie alla mia pelle, ma non ho più ossa da mostrare.

Sono a pezzi e nessuno lo sa. Non trovo le parole per dirlo. Per giustificarmi. Per scusarmi. Per dire che non sono affatto come appaio, che c'è niente di meglio in me di quanto ci sia in loro, che sono caduta e stavolta mi sono fatta male davvero. É già successo, ma stavolta è diverso. Stavolta nessun dolore mette le radici nella terra, ma c'è una rabbia asfissiante che mi fa spaccare il cielo. Non posso rinascere come un fiore, quindi, posso solo sperare di cadere abbastanza velocemente da non avvertire l'atterraggio. Questi giorni sono ombre di ricordi, sopravvivenza del silenzio, timore di avere una voce solo per gridare. E poi non faccio niente. Mi serve tutto il respiro che ho per arrivare all'indomani.

Scrivo molto, in questi giorni, e allora tutti si complimentano, mi stimano. Amano vedere la ferita schizzare sangue sul foglio. Ma queste sono le mie vene. Dopo ogni frase troppo sincera, ingoio una pillola. Ho imparato a fare i conti con la verità solo sedandola. Per troppi mesi sono finita in terra in bagno, senza respiro, ad acchiappare il mondo mentre questo sfuggiva in sfocature. Che quello che mi succedeva, succedeva solo ai soldati di solito. Ma io non avevo combattuto nessuna guerra, o almeno non una da cui fossi tornata viva. La mia psicologa chiamava anche se non rispondevo mai. Forse voleva solo assicurasi che non avessi staccato il telefono, che ci fosse almeno la lontana speranza che leggessi i suoi messaggi. Ma a cosa servono le ancore quando la nave é affondata? Io non ero fatta per essere una naufraga, perché altrimenti avrei dovuto ammettere di essere stata sconfitta per vivere.

Quei giorni erano fitti, densi, senza memoria. Erano i giorni in cui Lauren aveva chiuso la porta alle sue spalle e io ero rimasta al di qua della soglia.

I giorni stanchi


Io non lo sapevo che un gran dolore lascia solo un vuoto più grande, eppure anche nell'universo i buchi neri sono maggiori delle galassie. La morte che supera la vita. Come sempre. Però quante stelle.

Lentamente la penna aveva smesso di scrivere, la voce di soffocarsi, il respiro di anestetizzarsi. Non avevo più comprato le pillole e avevo scritto "tutto bene" alla mia psicologa che aveva smesso di chiamare. Avevo sfiorato la concreta possibilità di non farcela e nessuno si era reso conto di chi fossi adesso.

Ero sicura che dall'altra parte sarei stata tranquilla, ma ero rimasta da questa parte. Perché? Perché non avrei potuto accettare di darla vinta nemmeno a me stessa. Quando c'è da alzare la testa, i miei muscoli sono tesi. Però che fatica. Che spreco. Che sforzo. Eppure era la mia vita in pericolo, ma a tenerla con tutte e due le mani non ero stata io, bensì il mio orgoglio.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora