Bar

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Qualcuno, qualcuno di cui faticava a ricordare faccia e nome -e non a causa della vista offuscata dal dolore delle tempie, piuttosto dalla scarsa importanza che certi tratti assumevano nella sua memoria, almeno che i pugni non avessero colpito anche quella, il che era più che probabile-, le aveva detto che c'era sempre un momento buono per perdere. Beh, quello era il suo.

Lauren si rialzò scartando a destra, lasciando che il pugno sferrato dall'alto fendesse solo l'aria. Mentre il braccio avversario era ancora teso, lo afferrò dal gomito e lo ruotò verso l'interno. Si sbagliava quando diceva a sua zia che imparare come ripiegare i tovaglioli non le sarebbe servito a niente. Leon gemeva per il dolore, il che la convinse che era il momento giusto per spingerlo contro il muro alle loro spalle.

«Facciamola finita, non umiliarti più per stasera.» Disse sogghignando.

«Fanculo, Lauren.» Si sbagliava anche a credere di avere già la vittoria in tasca solo perché i pugni di Leon erano fuori gioco ormai: aveva ancora la testa. Con un movimento repentino e inaspettato colpì con forza Lauren sul naso. La corvina indietreggiò barcollando, ma rifiutandosi di portare le mani sulla narice sanguinante: non voleva dargli anche la soddisfazione di vederla soffrire quando era già sul balatro della sconfitta.

Leon avanzò risoluto, sogghignava lui adesso, mentre si massaggiava il braccio dolorante: era con quello che aveva intenzione di stenderla. Beh, era stato uno sbaglio puntare sulla propria vittoria i risparmi del mese. Aveva sottovalutato Leon troppo in fretta, forse era stata colpa di quel tatuaggio dell'ancora marina con il nome della mamma inciso sopra ad averla confusa, o forse le basette inselvatichite... Comunque ormai non importava più, sarebbe dovuta tornare a casa con il naso rotto e il portafogli vuoto.

Mentre Leon marciava sulla sua già preannunciata vittoria, un rumore metallico rimbombò nel vicolo e poi un fischio stentoreo fece tremare anche i vetri delle bottiglie rotte che avevano sdrucito la giacca della corvna. «Ehi! Non davanti al mio locale! Dovete piantarla con queste risse da ragazzini, mandano via i clienti!»

Leon ringhiò, ma sapeva come tutti gli altri che ben presto non gli sarebbe rimasto da far altro che sbuffare come difesa. «Andiamo, Camila! Siamo sul retro. E poi, i clienti sono i soliti bastardi del Nord. Preferirei morire di fame che ricevere soldi da loro.»

«Certo, allora le bollette me le paghi tu appena arrivano, d'accordo? Tanto dopo stasera immagino che ne avrai di soldi da spendere, no?» La donna si appoggiò contro lo stipite della porta. Sapeva di averlo steso senza nemmeno toccarlo. La metà degli spettatori se ne era già andata, anche Leon, dietro i denti digrignati, ammetteva la sconfitta. 

«Cazzo,» mormorò sottovoce, tendendo poi la mano alla corvina ancora seduta sull'asfalto. «Dai, Jauregui. per stasera ti è andata bene, ma la prossima volta regoliamo i conti.» Ormai la smorfia da sbruffone aveva lasciato posto al mezzo sorriso di cameratismo.

«Si, si... Fanculo.» La corvina lasciò la mano dell'uomo a mezz'aria, e si rifiutò di alzarsi se non usando le sue stesse, malconce gambe.

Leon alzò gli occhi al cielo lasciandoli cadere su che Camila lo imitò scrollando le spalle. Lauren si spolverò le mani, ma le labbra sarebbero rimaste incrostate del sapore della polvere fino all'alba successiva.

«Beh, ti è andata bene, chica.» Leon srotolò le banconote sulla mano e le restituì alla proprietaria. Non c'era stato nessun vincitore, quindi la scommessa era nulla. «La prossima volta non mi fermerò, chiaro, Camila?» Anche la volta precedente aveva detto lo stesso. In fondo quello era l'unico bar dove poteva bere una birra e "scordarsi" di pagarla. Scosse la testa mentre si allontanava gongolante.

«Pendejo.» Ringhiò a denti stretti la corvina, spazzando via lo strato di polvere accumulato sulla giacca. Forse non era stata una buona idea tenerla indosso. Aveva recuperato i risparmi solo per dovere e comprare un'altra.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora