After

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Il costume di scena è ancora poggiato sopra la poltrona. I capelli umidi mi bagnano la pelle anche attraverso la maglietta pulita.

«Finalmente, pensavo avessi trovato un buco nero nella doccia.» Dinah mi riprende sempre -anche se con il sorriso- ma poi occupa il bagno più tempo di tutte noi.Dopo lo show, comunque, le mie corde vocali sono troppo stanche per azionarsi in protesta.

Normani sta sfogliando una rivista di gossip, appollaiata su una sedia. Ally, invece, ha chiamato sua nonna; non la vede da molti mesi e, come ogni altra nonna, si preoccupa non stia dimenticando di mangiare fra uno show e l'altro. Sapevamo sarebbe stata dura: così tanto tempo lontane dalle nostre famiglie... È confortante, perciò, essere pungolate anche a chilometri di distanza, ha una parvenza di casa.

Nell'altro corridoio del bus, dove dormiamo, Lauren sta riordinando il suo spazio, perennemente ingombro di vestiti e cd. Lo spazio per transitare è abbastanza angusto, tanto che non riuscirai ad arrivare all'armadio se lei non si spostasse più avanti.

«Ehi.» Si accorge solo adesso di me.

Mi dedica un sorriso con guance rosse annesse e si sofferma qualche secondo in più sulla mia maglietta resa diafana dall'acqua. Quando distoglie lo sguardo ricorda molto il battito di ali di una rondine che non ha una meta precisa, deve semplicemente volare altrove. Mi sbaglierò.

Si stringe al bordo del letto superiore (lei dorme in quello di sotto) e mi permette così di raggiungere l'armadio a muro e riporre il vestito di scena.

«Hai visto i miei auricolari?» Sbuffa, sollevando coperte e cuscini per l'ennesima volta.

Perde sempre qualcosa, molto spesso gli auricolari o gli occhiali da sole, soprattutto quando torniamo da casa e siamo costrette a fare e disfare le valigie.

Mi avvicino a lei con un sorrisetto tenue. La sento trasalire sommessamente quando faccio scivolare una mano nella sua tasca posteriore. Qualcuno ha fatto palestra, ma questo non lo dico. Anzi, mi dimentico proprio di averlo pensato. Estraggo la mano dal didietro di Lauren e faccio penzolare gli auricolari davanti ai suoi occhi, occhi un po' attoniti e dilatati.

«Perderei anche la testa, se fosse concesso tirarla fuori.» Scuote la testa, però con fare di chi si è rassegnato alle proprie pecche.

«Tranquilla,» ammicco forse ad una distanza troppo ravvicinata per non giustificare il suo scatto a ritroso. «Ci penso io a te.» Mi ringrazia per essere il suo "bastone per la vecchiaia", ma poi ridacchia nervosamente e qualcosa mi dice che c'entri il fatto che sono abbastanza vicina per sgocciolare le gocce dei capelli sulla sua spalla.

Faccio un passo indietro e, mi sbaglierò di nuovo, il suo viso torna a colorarsi di un rosa naturale, il che è come un sospiro di sollievo solo pigmentato.

Ultimamente ha atteggiamento incomprensibile. Ho il sospetto qualcosa la stia tenendo sveglia la notte, perché la sento rigirarsi a lungo nel letto, e la mattina vorrei farle una domanda o due, dato che è la mia migliore amica e vorrei sapere come aiutarla, ma sgattaiola in bagno sempre troppo rapidamente, e durante il resto del giorno è impossibile parlare: non mi va di intavolare l'argomento con le altre intorno, so quanto lei ci tenga alla sua riservatezza.
Però so che qualcosa le frulla per la testa, e so anche che sta facendo di tutto per evitare di parlarne con me. Allora, nonostante sia un buon momento per metterla sotto torchio, non mi sento nemmeno in diritto di farlo.

«Lau, lo sai che qualsiasi cosa tu voglia dirmi io sono qui, giusto?» Lascio che sia lei a decidere quando discuterne, limitandomi a carezzarle la spalla affettuosamente.

Lei si alza sulla punta dei piedi, assottigliandosi ancora di più contro la parete. Ricorda il gatto di mia nonna, quando tendevo la mano per accarezzarlo e si scansava di colpo. Mi acciglio, ma non indago oltre. Per ora.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora