Addio Al Nubilato

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Ormai erano tornate a casa tutte da un po', tranne lei. L'ultimo bicchiere di whisky era diventato il penultimo, finché la bottiglia era finita e le promesse si erano infrante sul brandy. Non era ubriaca, ma avrebbe voluto esserlo. Sperava che l'effetto dell'alcol dilatasse il tempo e le ore di quelle notte scorressero più lente di tutti i suoi Ventitré anni di vita. Ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto capitolare. Qualsiasi trucco si usi contro il tempo, si dimentica sempre che il vero mago è proprio lui.

«Un altro.» Alzò il bicchiere ormai vuoto, anche se per poco. Mentre il liquido scuro riempiva i bordi stondati, cercava di afferrare la sua stessa immagine nel vetro. Era troppo sfocata e vacillante, come la sua volontà.

Credeva che quella sera sarebbe stata l'ultima a lasciare il locale insieme ai disperati ubriaconi in fondo alla sala, invece la donna corvina che le si sedette al fianco non sembrava affatto disperata e tantomeno ebbra. Camila voltò lentamente gli occhi su di lei mentre sorseggiava il suo ennesimo drink. Gli smeraldi della donna la stavano trafiggendo impudici e sfacciati, conditi con quel sorriso spavaldo e melliflue che riservata affabilità ma nascondeva malizia.  

Camila inarcò un sopracciglio esortandola a chiarire le sue motivazioni, ma la donna rimase impassibile. «Posso aiutrarti?» DOmandò infine, occultando l'imbarazzo sotto un tono seccato. Neanche questo scalfì la sua messa in scena.

«Mi chiedevo lo stesso di te.» Rispose schietta. Le sigarette che penzolavano dalla sua borsetta dovevano averle arrochito il tono, o forse era sempre stato così graffiante. Un brivido scivolò lungo la sua schiena. Si chiese cos'altro avrebbe potuto graffiare e si augurò di non scoprirlo mai: i suoi graffi erano senz'altro cicatrici.

«Uhm, sto bevendo un drink...» Suonò scettica, ma era lampante quanto il fastidio fosse in realtà la sua messa in scena.

«Il nono.» Precisò la donna incrociando le mani sul bancone e inclinando appena la testa. L'osservava da molto tempo e ciò che spaventava Camila era che aveva capito più cose una sconosciuta di lei stessa che il suo stesso Io. 

«Non sapevo che ci fosse una sovratassa dopo il quinto.» Contraccambiò con una sana dose di sarcasmo per schermarsi dalla sua trasparenza. 

«Veramente sarebbe dopo il terzo, ma stasera facciamo un'eccezione.» Quella donna non aveva il senso del limite e forse su proprio questo che fece ridacchiare Camila.

Dopo qualche istante in cui il silenzio aveva alleggerito l'epilogo della sua risata, la corvina la rimirò dritta negli occhi, anche se sorseggiava solo di profilo, e le chiese: «Qual è la ragione?»

Camila abbassò lo sguardo. «Quale ragione? Non ho capito.» Aveva capito benisismo e lo sapevano tutte e due.

La corvina gliela diede vinta, solo quella volta. «La ragione per cui non ti sei fermata al terzo. E nemmeno al quinto.» I calici perfettamente ordinati davanti a loro rilucevano di tentazione e colpe, sentimenti che Camila scolava sempre fino in fondo.

«Sto festeggiando, in realtà.» Abbozzò un sorriso. Fu il più triste che la corvina avesse visto da qualche anno a quella parte.

«AH ok, non sapevo che ora i funerali si chiamassero feste.» La pizzicò senza pungerla, strappandole una risatina cristallina come il bicchiere che stringeva fra le mani o meglio: che stringeva lei nel suo vetro.

«È un addio, in realtà.» Puntualizzò Camila, ma le pupille dell'altra non accennarono a intuire. «Un addio al nubilato.» Si sentì costretta come quando le dissero che per sopravvivere doveva operarsi l'appendicite. Rapido e indolore, ma permanente. Perlomeno durante l'operazione era anestetizzata, qui avrebbe dovuto restare vigile fino all'altare e per tutti gli anni a seguire.

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