Scacco matto.

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Camila sapeva di poter avere tutto e fino ad allora aveva sempre sfruttato quella dote a suo vantaggio, ottenendo tutto. Non era interessata ai vestiti costosi o ai liquori di marca: per quelli ci pensava il suo portafogli, ma era stata proprio la mole finanziaria a toglierle il piacere di potersi compiacere di tutto ciò che aveva un prezzo. No. Non era minimante interessata a quello che le vetrine esponevano. Era ciò che le persone nascondevano, invece, che l'allettava.

Camila aveva imparato a leggere i bagliori lussureggianti negli sguardi altrui con la stessa facilità con cui si notava l'insegna al neon del suo bar. Le luci ravvivano i volti pallidi come gli occhi di Camila ravvivavano i desideri reconditi.

Dinah poggiò la bottiglia vuota sul bancone e le rivolse quel sorriso a mezz'asta che raccontava più di mille parole.

«Fammi indovinare,» l'anticipò Camila. «Tavolo dodici, il ragazzo con la camicia azzurra. E tavolo nove, la ragazza con il vestito scollato.» Non aveva nemmeno sollevato lo sguardo. Ricordava a memoria tutti quelli che la desideravano.

«E scommetto che nessuno dei due avrà ciò che vuole.» Dinah lavorava per lei da abbastanza tempo da sapere che ormai non era più una questione di piacere quanto di sfida.

Camila alzò lo sguardo su di lei solo per confermare i suoi sospetti. Camila sfidava ogni sera se stessa. Sfidava i clienti a non volerla e sapeva che tutti perdevano a quel gioco, ma ciò che più si gustava della vittoria era proprio non concedere a nessuno ciò per cui chiedevano un rabbocco del bicchiere. Non le interessava il sesso, era talmente scontato. Ciò che davvero l'appagava erano gli sguardi di cupidigia su di lei, quella brama spasmodica che serpeggiava lungo le sue curve, quel suo metterti in mostra senza fare mai sul serio.

«Vado.» Ormai Dinah non aveva neanche bisogno di ricevere direttiva per sapere come Camila liquidava le proposte.

La cubana rimase a godersi lo spettacolo da lontano, come suo solito, pretendendo che i bicchieri fossero ancora sporchi mentre li intingeva per l'ennesima volta nell'acqua insaponata. 

Mentre Dinah si destreggiava fra un rifiuto e l'altro, una donna dai capelli corvini si accomdò di fronte a Camila. «Una tequila, grazie.» Chiese con voce arrochita, giocherellando con gli spiccioli nelle tasche.

«Subito.» Camila incrociò il suo sguardo come suo solito, facendo ondeggiare la chioma su una spalla. Quello faceva impazzire tutti. E la donna non fu da meno. La cubana comprese all'istante che era entrata per sedere il freddo della serata e ora beveva per raffreddarsi, invece. Però, a differenza delle altre volte, anche Camila sentiva che abbisognava di un drink.

Le servì la sua ordinazione e si sporse sul bancone nella sua posa famosa, restando, però, appoggiata con i gomiti più vicina alla corvina di quanto non fosse mai stata a qualcuno in vita sua. «Tu non sei di queste parti, vero?» Aveva tirato ad indovinare, voleva solo riacquistare la sua superiorità perché al momento non sentiva di avere il controllo, e questo non le piaceva.

«Texas.» La corvina dedicò un brindisi alla sua città natale, poi scolò il bicchiere tutto d'un sorso e Camila, mentre glielo riempiva, provvide a versarne uno anche per se. 

«Florida.» Ribatté la donna, assaporando il calore dell'alcol. 

«E cosa ti ha portato in California?» La corvina si sforzava per non squadrare ogni centimetro della sua pelle. I boccoli ricadevano lungo la spalla, mentre l'altra era completamente esposta. La clavicola sottile risaltava il collo fusiforme, dandole un motivo e un alibi per continuare a bere.

«La voglia di un'avventura.» Proclamò fissandola dritta negli occhi. Un brivido percorse la schiena della corvina, ma lo annegò con un sorso di tequila. Con quello sguardo non poteva essere in cerca solo della mancia. Anche se Lauren era tentata di svuotarsi le tasche solo per restare a parlare con lei. 

«A volte le avventure sono pericolose.» Lo diceva per esperienza, eppure adesso aveva dimenticato tutti i finali sbagliati.

Camila si era approssimata a lei, sfiorandole le labbra con il respiro. «Magari anche io lo sono.»

Lauren aveva finalmente potuto abbassare lo sguardo sul su di lei. La bocca era schiusa in un sorriso elusino, ma tutto nel suo corpo tramandava sensualità. «Magari.» Aveva risposto sostenendo il suo sguardo. Quella donna era fin troppo abituata a stendere tutti con una sola parola. Voleva mostrarsi all'altezza della situazione, doveva farlo se intendeva vincere la sua attenzione. «Magari davvero.» In un sorso aveva trancannato il quarto, o forse il quinto bicchiere, e poi lo aveva sbattuto sul tavolo aspettando che l'altra glielo riempisse.

«Non hai timore del pericolo?» Camila l'aveva accontentata, intanto si impegnava per non berne un altro. Le avrebbe fatto capire che necessitava di alcol per starle vicina e non voleva darle nessuna soddisfazione.

«Ho timore della noia, di quella sì.» I suoi smeraldi l'aveva folgorata come se la sua affermazione celasse una velata accusa. Camila aveva stretto i pugni. Non poteva permettere ad un'insolente qualsiasi di parlare a vanvera. 

La sua mano era scivolata dalla bottiglia al polso della donna che, per un attimo, era trasalita. Camila l'aveva guidata verso il retro del bar, ignorando l'occhiate di Dinah che a quello proprio non sapeva come reagire. L'ufficio era piccolo, ma era quanto bastava. Camila aveva chiuso la porta alle sue spalle e prima ancora di aver girato il chiavistello aveva afferrato la nuca della donna e intrappolato le sue labbra in un bacio passionale. La corvina non aveva avuto tempo di preparsi, ma non si fece comunque cogliere in contropiede. Ghermì i fianchi della donna e l'attirò più vicina, approfondendo l'intensità del bacio. Le loro lingue si scontravano come se il duello verabale fosse stato solo l'inizio. Camila si distaccò per riprendere aria e ne approffitò per rimirarla con sufficienza.

«Piacere mio, Lauren.» Aveva risposto con altrettanta arroganza la corvina, tramutando nuovamente il sorriso compiaciuto di Camila in uno slancio passionale e competitivo.

Le mani della donna si erano avvinghiate al suo collo e quelle di Lauren alla sua schiena in basso. Aveva esitato sul confine con le sue forme voluminose, solo per prolungare la sua agonia. Camila compensava strusciando l'addome al suo. Guardandole nessuno avrebbe saputo dire chi avrebbe avuto la meglio. Lauren le abbassò la cerniera del vestito e Camila si pentì quasi subito di esserselo sfilato con tanta velocità. La corvina, però, non ci fece caso. Era ammaliata dalle forme sinuose del corpo della donna di fronte a se, talmente ammaliata che non ricordava più perché si stessero sforzando tanto di prevalere l'una sull'altra quando potevano aversi a vicenda.   

Camila le aveva afferrato la mano e l'aveva portata alle labbra, fissandola negli occhi per tutto il tempo. Lauren aveva sperato che non l'avesse notata deglutire mentre la sua bocca si chiudeva sulle sue dita.

«Era rimasto un po' di limone.» Aveva azzardato Camila, e di nuovo la fiamma della sfida aveva infuocato la corvina.

Lauren l'aveva avvicinata a se, ma nel farlo l'aveva voltata di spalle. Camila si era appoggiata alla libreria nei paraggi per non perdere l'equilibrio mentre Lauren disegnava una scia di morsi lungo il suo collo. Aveva inarcato la schiena e reclinato il collo, permettendole di insinuarsi più in basso possibile. Voleva che quella tortura finisse, ma al contempo non avrebbe mai chiesto di terminarla. La mano libera di Lauren si era adagiata sul suo addome, provocandole un brivido per il tocco freddo. Lentamente aveva saggiato interamente le sue anse, soffermandosi sul capezzolo. Camila aveva affondato le unghie nel legno e i denti nel labbro, impedendosi di gemere per così poco.

«So che vuoi farlo.» Le aveva sussurrato Lauren, come se avesse interpretato i suoi bisogni solo attraverso gli istinti del corpo.

«Dovrai impegnarti di più.» Aveva osato l'altra, ma la sua voce era già cambiata rispetto a prima, per quanto si prodigasse per mantenerla stabile, era perennemente interrotta da ansiti.

Le dita di Lauren avevano giocato ancora un po' col suo corpo, delicatamente, poi, di colpo, l'avevano voltata verso di se, e aveva impiegato le labbra su i suoi capezzoli. Camila aveva alzato un braccio lungo gli scaffali e l'altro era finito attorcigliato al collo della donna. Lauren, intanto, la tratteneva dai fianchi per limitare le spinte che essi subivano ad ogni tocco umido. Solo dopo qualche istante li avevano lasciati liberi, concentrandosi sul suo interno coscia. L'aveva sfiorata appena, ma senza tralasciare nemmeno un millimetro, e si era soffermata sull'ingiune, senza andare oltre.

Camila non aveva più potuto resistere e si era lasciata sfuggire un gemito disperato che aveva convinto Lauren a sconfinare, ma restando sopra il tessuto. «Non andrò oltre se non lo chiederai.» Aveva annunciato fissandola negli occhi, quando ancora il suo respiro era increspato dalle onde di piacere.

«Scordatelo. Tu lo vuoi di più me.» Camila aveva portato una gamba all'altezza del suo bacino e Lauren prontamente l'aveva sorretta. Stava cercando di ricordarle perché vinceva sempre lei a quel gioco, ma la corvina le aveva già concesso fin troppo ottenendo in cambio poco e niente.

«Anche se fosse, l'importante è che lo vuoi anche tu, e non sarai soddisfatta senza.» Le aveva morso il labbro, ricorandole dei morsi che poco prima aveva riservato al suo seno. Camila aveva socchiuso gli occhi, reprimendo l'impulso di accondiscendere.

Quando li aveva riaperti, l'ombra di un sorriso aveva fatto ben sperare Lauren, che, però, l'aveva sottovalutata. Camila aveva avvolto la mano attorno al suo polso e aveva poggiato le dita sul suo centro, al di sotto del tessuto. Gli smerladi della corvina si erano dilatati più di quanto le sue labbra si fossero schiuse.

«Devo ancora chiederlo?» La presunzione della donna aveva istigato Lauren ancora di più che, si, le aveva dato ciò che voleva, ma con lentezza.

Camila aveva lanciato la testa all'indietro, colpendo la costola di qualche libro, e con il respiro mozzato aveva ingiunto: «Muoviti di più.»

«Quanto di più?» Si era concessa una rivincita Luaren, incassando uno sguardo fulminante.

«Molto di più.» Aveva fatto per afferrarle il polso, ma la corvina stavolta le aveva intrappolato la mano prima che potesse agire.

«Non puoi averla vinta sempre tu.» Sussurrò contro il suo collo, nella zona ancora arrossata proprio per colpirla con il suo respiro.

Camila aveva serrato la mascella e poi, all'ennesimo tocco della corvina, aveva portato la fronte contro la sua dicendole: «Ti prego, cazzo. Voglio di più.» 

Lauren aveva sorriso e l'aveva accontentata, portando le dita dentro di lei ad un ritmo meno tedioso. Camila si era abbandonata al piacere, spingendo il bacino verso la sua mano, proprio quando questa si allontanava per essere ricercata. I suoi gemiti avevano, però, spezzato il gioco della corvina, che adesso voleva soltanto sentire il suo nome staccarsi dalle labbra boccheggianti della cubana.

Le unghie della donna le avevano graffiato la schiena fino a conficcarsi nelle spalle, ed era stato allora che il suo corpo irrigidito aveva avuto il primo spasmo.

«Voglio sentire il mio nome.» Non era una richiesta così ingente, considerando che Camila non aveva fatto altro che mormorarlo. «Ad alta voce.» Aveva precisato.

«Dio, Lauren.» Camila si era aggrappato a lei mentre un'ultima ondata di piacere la riempiva e la svuotava al contempo.

Erano ancora affannate e sudate, quando Camila si era rilassata contro la libreria, sorridendo in maniera del tutto diversa adesso. «Piacere mio, Camila.» E anche Lauren aveva riso in modo diverso. Si sarebbe ricordata di quella sera mentre abbandonava il confine, e probabilmente anche molto dopo.

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