Una verità

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Mutamenti esclusivi. In statistica si chiama così la probabilità in cui il realizzarsi di un evento esclude l'altro. Evento incompatibile. Tutti ne abbiamo uno. Oggi vi racconto il mio.

Era il terzo anno. La terza volta in giro per il Mondo. Tutto già visto, già fatto. Eravamo emozionate, ma non preoccupate. Sapevamo come comportarci, ma cosa più importante: sapevamo cosa ci aspettava. Niente bus, solo hotel. Niente distrazioni, solo chiamate a casa. Niente social, non fino a dopo le prove. Una volta acquisita l'abitudine, è meno peggio di quel che sembra, come tutto del resto.

Le date degli spettacoli cadevano una accanto all'altro, un domino di palcoscenici. Volevamo concentrare tutte le energie in pochi mesi, per non trascorrere troppo tempo lontane da casa. Non di nuovo. Insomma, l'unico momento in cui stavamo insieme era durante le prove, dopodiché riposavamo subito in vista del giorno dopo. Fu per questo motivo che mi sorpresi di udire bussare alla porta in piena notte. Lampeggiava nella penombra il riflesso abbagliante della sveglia: le due. Aprii senza accertarmi di chi fosse.

<Lauren... ma che succede?>

Si rigirava le mani come le parole: <Posso entrare? Ti devo parlare.>

<Adesso?> Non volevo sembrare scortese, ma il sonno comprimeva le mie capacità cognitive come uno spremiagrumi.

Non rispose, ma nemmeno rimandò. La sua insistenza mi persuase ad aprire la porta e a lasciare che entrasse. I passi rapidi con cui mi superò mi intontirono.

Accesi la luce debole sul comodino. Lauren marciava avanti e indietro per la stanza, mentre io sedevo sul bordo del letto, sperando di non cadere addormentata.

<Quindi?> La incoraggiai fra uno sbadiglio e l'altro.

<Ci sono alcune cose che non sai.>

<Tipo la tavola periodica o tipo come...?>

<Camila, non scherzare, per favore.>

Il mio incipiente sorriso venne sciolto come neve al sole, ma quella sera c'erano più ombre di quanto un raggio potesse disperdere. Inspirai profondamente e mi scusai, anche se allora non sapevo bene per cosa, ma conoscevo Lauren: si lasciava oscillare sul dirupo delle parole per giorni interi, prima di cadere nel vuoto di una sola consonante. Sempre meglio non offendere chi decide di precipitare.

<Ci sono cose che non sai perché non te le ho mai dette.>

<Sono cose importanti?> La mia non era scortesia, bensì angoscia. Non mi piaceva l'idea di aver vissuto per anni accanto alla persona che credevo di conoscere meglio, senza capirla davvero. So che esistono addirittura matrimoni in cui ci si scopre per chi si è dopo venti anni, ma per quanto un problema sia comune, non pensi mai che accadrà a te, anzi: proprio perché riguarda tutti, è facile illudersi di non farne parte.

<Adesso si.> Il tono greve di chi si siede davanti al medico per ricevere una delle notizie peggiori della sua vita senza ancora saperlo. L'angoscia si stava adombrando di paura, un peso leggero ma elementare, come l'idrogeno per l'acqua.

<Allora dimmi.>

<Non è cosi facile.>

<Dimmelo e basta.>

Lauren non riuscì a nascondermi un sorriso sornione. In quel momento detestava la semplicità a cui riducevo la sua smania, come ogni superstite detesta i propri spettatori: voi non capirete mai.

<Ok, lo dico e basta.> Si girò di scatto verso di me, ma appena i suoi occhi si posarono sui miei, tutta la sua sicurezza si ruppe. <No non posso, non ci riesco.> Riprese a camminare avanti e indietro, su e giù, facendomi impazzire.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora