É già domani

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La luce della luna falcia la stanza. Qui c'è tutto ciò che amo. Tutto ciò che amo inghiottito dal buio. Tutti hanno paura del buio, ma per me é l'unica dimensione dove le cose sono alla luce. Sembra paradossale? Provate ad innamorarvi di una ragazza e capirete cosa intendo. Anzi. Provate ad innamorarvi e basta e capirete cosa intendo.

Camila dorme già a quest'ora, come sempre. Io passo più tempo delle altre in sala prove. Loro lo chiamano sacrificio, io lo chiamo senso di inferiorità. Non voglio competere con loro, semplicemente non voglio che sfigurino per colpa mia. Sono la prima di tre fratelli, ma mai una volta nella vita che non mi sia sentita ultima. Forse piangere per venire al Mondo non é fisiologico ma metaforico: tutto ciò che conta per respirare, abbisogna di voce. O di lacrime. Dipende da quanto forte lo desideri, o da quanto presto lo lasci andare.

In questo momento tutto ciò che desiderio é dormire con Camila. Questo necessita di silenzio, ora, ma quanta voce ci ho messo per farglielo capire. Nemmeno urlando riusciva a comprenderlo. Ma ora sa. Scivolo al suo fianco. Lei si accosta più vicina al mio petto, ma non si sveglia. Anche questo é fisiologico quanto metaforico; il suo inconscio mi riconosce, mi chiama. Non so se sia io a chiamare lei o lei a chiamare me, ma qualcuno risponde sempre.

Sfarfalla gli occhi solo perché le bacio la fronte. Mugola, ma sorride. «Che ore sono?»

«Tardi.»

«Quanto tardi?»

Le poso tre bacio sulla guancia. Uno per ogni scocco dopo la mezzanotte. «Così tardi.»

«Oggi è stata una giornata lunghissima.» Lo sento, i suoi muscoli sono tesi contro i miei.

«Raccontamela.»

«Domani.» 

«É già domani.»

Rotea gli occhi al cielo. Non posso vederla, ma lo percepisco dal suo lamento. Sommessamente stila una lista di fastidi e impegni della giornata. «Sono la stessa cosa,» tende a precisare «i fastidi e gli impegni.»

«Non sempre.» La pungolo. «Tu sei un impegno senza fastidio.»

Ride. Le ha fatto piacere, ma come tutte le cose che le fanno bene, tende a smorzarle, a smezzare il bene a metà come pane fra barboni; chi ha poco, non vuole mai troppo. «Non ci credi nemmeno tu.»

«Ci credo... un po'.» E io ho imparato dalle sue croste a spargere le briciole.

Mi stringe le mano e fa per morderla. La morde davvero. Le riservo lo stesso trattamento sulla spalla.  Anche il suo osso duro sa di carne morbida. Vorrei rosicchiarla fino alla clavicola e non fermarmi lì. É un momento troppo intimo per sporcarlo di sesso. Ho imparato a fare l'amore con la voce. Me l'ha insegnato lei. Tutto ciò che conta nella vita, lacrime e voce.

«Non sopporto l'idea di dover intrattenere un altro tour.» Seziona l'intercapedine delle mie dita con il suo indice, una ad una. Taglia ugualmente i suoi pensieri, ma con una lama più affilata: quella della tristezza. Non é la fatica, l'esaurimento, i problemi. É la luce. Per noi anime del buio, vivere sotto i riflettori é come morire. E un po' moriamo. La mostra spontaneità, la nostra quotidianità, i nostri sguardi, sono uccelli in gabbia e i nostri padroni fanno tintinnare la chiave senza mai aprire la serratura.

Non pensavamo che amare fosse sinonimo di rinuncia, ma ogni compromesso avviene su un campo di battaglia, perciò...

«Sono solo due mesi.» Di nuovo. Non lo dico perché adesso é lei ad aver bisogno di me, ma anche i miei pensieri sono ruggine.

«Solo.» Sbuffa sardonica, lasciandomi la mano come se preferisse abituarsi a non averla già.

«Dopo avremo sei mesi di libertà.» La stringo. Io no. Io non sono pronta all'assenza, a riconoscere il vuoto che mi si poggia sul petto come la mancanza della sua forma.

«E a te sta bene suddividere la vita fra libertà e prigione?» Non é arrabbiata con me, ma non é nemmeno felice. La capisco. Voleva inseguire un sogno e ha scoperto che le ali si aprono solo dopo aver saltato nel baratro, ma qualcuno tocca il suolo prima del volo.

«No ovvio, ma almeno posso avere tutto... o quasi.» Sospiro rumorosamente. Si volta verso di me impacciatamente. Rimane sempre intrecciata nelle lenzuola e questo mi fa sorridere. La densità dell'ombra mi ricade sulle labbra prima della sua mano.

«Shh, zitta.» Ma anche lei ridacchia. «Abbiamo le prove domani.» Il suo pollice prima severo si addolcisce in una carezza sulla mia bocca. Nessuno mi ha mai accarezzato lì. Solo lei lo fa. Mi piace come lo fa, sempre voler scavare il terreno prima di interrare un seme. Il suo dito sposta la terra, la sua lingua ne pianta l'albero.

«Smettila.» Inclino capo e occhiata. Lo sa che non Solomon posso resistere, nemmeno mi piace farlo. Cattiva, non si fa.

«Non ci sentono.» Ansima.

«Camila, sono le tre di notte... Domani.»

Mi casa con aria furba. Non c'è ombra che potrebbe eclissare questo bagliore: «É già domani.» Ecco, l'ha fatto. Mi ha fregato di nuovo.

É così brava a legare il mio corpo ad una parola, a trascinarlo verso il suo come un prigioniero in catene. Sento la carne comprimersi contro le mie manette e poi incollarsi alla sua. I piedi legati dal catenaccio ora sono uniti alle sue gambe. So che otterrà ciò che vuole. É già suo a dire il vero. Voglio solo stuzzicarla un po' prima, ricambiare la mia schiavitù con una sfida. Premo su di lei e adesso la mano sulla sua bocca é la mia. «Ci sentono.»

Il desiderio le impedisce di rispondere, ma mi odia. Fa bene. Se non mi odiasse, non potei credere nel suo amore.

Sento le sue pulsazioni e non le accontento. Lei si spazientisce. Vuole ciò che le appartiene. So già che mi mancherà il suo sguardo di questo preciso momento, quel languore supplicante dell'attimo prima che tutto si compia, quella preghiera per niente casta che farebbe impallidire anche Dio. Ma é il mio nome che invoca.

La farei aspettare anche tutta la notte, se non dovessi aspettare con lei. Ma siccome domani ci porterà via qualcosa che questo momento custodirà sempre, lascio che vinca... anche perché, é già domani.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora