Distance

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Di solito l'estate si porta via qualche mese. A me, quell'estate, ha strappato anni.

Avevo detto no a qualsiasi proposta vacanziera sfruttando a mio vantaggio qualsiasi espediente potesse far desistere le mie amiche al secondo tentativo, ma sfortunatamente mi conoscevano abbastanza bene da sapere che ne sarebbe occorso solo un terzo per abbattere la mia resistenza.

Con Lucy era finita in malo modo. Non sapevo di chi fosse la colpa e chi invece ancora poteva rivendicare le promesse infrante. Era finita, come tante altre storie. Lamentarmi non era nei miei piani, ma mentirei se non ammettessi che facevo fatica anche ad uscire di casa. Era stata la prima. Non la prima donna (anche, ma non é questo il punto cruciale): la prima persona di cui mi fossi davvero innamorata. Ero precipitata in quel pozzo fondo in cui tutti, prima o poi, si sporgono troppo per non cadere. Avevamo dei progetti. Giovanili, prematuri, ma comunque fedeli al nostro impegno. Invece compresi prima di quanto volessi che il futuro non é altro che un'onda che -anche qui-, prima o poi, si infrangerà sulla battigia. Non importa da quanto lontano arrivi, la destinazione è sempre quella.

Perciò (proprio perché nemmeno ad oggi mi piace lamentarmi eviterò di prolungarmi sulle rivelazioni e le consapevolezze che quella rottura amara conferì ad una Lauren molto più in erba) accettai l'offerta del viaggio solo perché divenne più una minaccia che altro. E anche perché volevo allontanarmi da lì il più possibile. Non so perché, ma basta frapporre qualche chilometro di troppo fra il luogo "del delitto" e la tua persona per illuderti che tutto va meglio di quanto credessi. Ma, a dispetto di ciò, non credevo che avrei potuto rivolgermi a qualcun altro con tono diverso di quello che usavo per parlare con un commesso o col postino.

Insomma, guidammo per ore sotto il sole cocente, dentro ad un pulimino scassato con un posto in meno (perché Ally si era aggiunta all'ultimo) e l'aria condizionata circoscritta solo ai posti frontali (motivo per cui il viaggio si protrasse di due ore supplementari perché ad ogni stazione sostavamo per alternarci davanti al bocchettone refrigerante). Volevamo (volevano!) raggiungere Los Angels prima di mattina, perché si sa che alcune città vanno viste con il buio per essere illuminate davvero. Alla fine il loro intento venne miseramente sbeffeggiato da un'alba inaspettata che fece sospirare tutti al primo bagliore, ma per ragioni diverse. Il mio, senza alcun dubbio, era sollievo.

Andammo a dormire alle prime ore mattutine per svegliarci nel pomeriggio e pranzare (o cenare, dipende dai punti di vista) ad un orario decisamente insolito. Nessuna aveva il coraggio di ammetterlo, ma erano ancora fin troppo stanche per affrontare una luuuuunga notte in LA. Io ero comunque la guastafeste, perciò parlai a nome di tutte quando chiesi, per cortesia, di posticipare la nottata brava all'indomani. Sbuffarono ad occhi bassi perché la reputazione la si può mantenere solo mascherandosi, ma alla fine si coricarono senza bisogno di "terzi tentativi".

La mattina dopo erano ancora addormentate mentre io sorseggiavo il secondo caffè della giornata. Per quanto gradissi la loro compagnia, ero anche conscia di quanto loro "sgradissero" la mia -non intenso me come persona, ma me come presenza. E quindi approfittai del momento per uscire in solitaria.

Mi ricordo che il sole mi scottava la pelle disabituata al troppo calore, ma che comunque restai con le braccia scoperte perché l'aria era insopportabilmente arida. Le facciate degli edifici parevano chierichetti scostumati che confessavano i peccati della notte, ma era un sussurro appena udibile, come il ronzio delle insegne neon o il tintinnare degli spiccioli sul marciapiede davanti ad uno strip-club. Ricordo anche che dovetti interrompere la gita per bere e che mi costò più un bicchiere d'acqua che l'intera bottiglia di gin. Non erano abituati ai puritani o agli astemi. Infognavano il buon nome della città. Lo sgabello era scomodo, ma mi ero resa conto di quanto fiacca mi sentissi e così sorseggiai lentamente il mio drink, infossando sempre di più le spalle sul bancone. Probabilmente mi sarei addormentata di colpo se non fosse stato per il rumore delle bottiglie. Qualcuno aveva ordinato un gin tonic e aveva anche sborsato meno di me.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora