She's not dead

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Occhi marroni, capelli castani. Bocca carnosa e fianchi sinuosi. Il vestito esalta le sue gambe. Al resto ci pensa da sola. Mi sono messa in mostra per lei. Non ha tardato a guardarmi. Le bollicine sulle mie labbra sanno di vittoria. É questo il momento giusto per andarle incontro...

«Quella? Ti piace quella?!»

No. Ti prego, non adesso.

«Adesso preferisci il gioco facile? Che delusione.»

«Sta' zitta.» Ringhio a denti stretti.

«Quella non sa nemmeno come farsi desiderare, figuriamoci se sa fare altro...»

«Vattene via.» Mi guardo attorno, sperando nessuno mi colga a parlare da sola.

«Giusto! Questo é posto é una noia. Dove andiamo?» Slitta dalle mie spalle alla mia traiettoria frontale. Se gli occhi potessero uccidere, lo avrei già fatto. Peccato però che non possa ammazzare chi é già morto.

«Lasciami in pace, Lauren.» Stringo pugno e mascella, ma questo aumenta solo il suo sorriso. Il mio tormento é il suo respiro.

«Sono io quella che sta riposando in pace. Posso almeno godermi una serata fuori? Hai preso la mia vita, perlomeno lasciami il divertimento della tua.» Quel ghigno mi perseguita. Quegli occhi mi danno la caccia. E lei ride.

«Io non ho preso niente.» Scandisco ogni parola come se dovessi sputare via i denti. «Tu ti sei tolta la vita da sola.» Ingollo lo champagne e il sapore é del tutto diverso. L'amarezza della sconfitta so distinguerla anche fra le pregiate bollicine.

«Ah, questo ti aiuta a stare meglio con te stessa? D'accordo allora, sarò la buona e la cattiva della mia storia.» Si sporge verso di me. Sorride ancora. Posso quasi sentire il suo gelido respiro su di me. «Ma nella tua, di storia, chi é la vera cattiva?»

«Adesso basta!» Non mi accorgo del tono e non mi accorgo del bicchiere nella mia mano finché i vetri non sono sparsi ai miei piedi.

Tutti mi stanno guardando, ma ci sono abituata. Non é la prima volta che le mie scenate attirano l'attenzione. Solitamente é tanto facile quanto utile scambiare la mia follia per ebrezza. Chiedo il conto. Sarà salato, ma non più di quello che mi attende a casa. Mi affretto ad uscire dal bar e con altrettanta velocità guido verso casa. La rabbia é troppo incandescente persino per un fantasma. Non si fa vedere finché non varco la soglia, ma appena metto piede nel corridoio, lei é li che mi aspetta. Prima era un piacere saperla lì, trovarla lì. Ora é un incubo. Il mio. Tutto ciò che ami é costituito da ombre e talvolta queste sanno anche parlare.

«Serata breve ma intensa. Che si fa adesso? Ti ubriacherai fino a non sentire più la mia voce o ingerirai qualche sonnifero per non vedermi anche nei tuoi sogni? Sono aperte le scommesse!» Salta con un balzo gli scalini e si interpone fra me e il camino. Mi sorride sardonica prima di aprire le braccia e sprofondare sul divano.

«Smettila. Non é divertente.» Non posso credere che stia davvero parlando con uno spettro. Sono io a darle potere, sono io a darle vita, ma, forse, mi sento talmente in colpa da preferire il suo odio al suo niente.

«Ti prendi troppo sul serio, Camila. Ogni tanto dovresti ridere. Vuoi che ti racconti una barzelletta?»

«Voglio che tu te ne vada!» Grido, voltandomi verso di lei, ma é più veloce di me. Mi si para davanti, troppo vicina per non chiudere gli occhi.

«La conosci quella della ragazza impazzita di dolore che si mise a parlare con i fantasmi pur di espiare le sue colpe?» Sussurra contro le mie labbra, sfiorandomi con un bacio al gusto di peccato.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora