Una Donna Pericolosa

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Ciao!

Leggete lo spazio autrice, mi raccomando, aspetto un consiglio vostro!

Buona lettura!


Fino ad otto anni era riuscita a convincersi che i racconti ricamati e fiabeschi di suo padre riguardo il lavoro d'ufficio fossero tutto ciò che una principessa poteva desiderare. Teneva sulla scrivania le matite sempre ben appuntite, ma solo perché non le usava mai, preferiva i pennelli, gli acquerelli, qualsiasi cosa con cui potesse sporcarsi i polpastrelli che non fosse grigio. Non sapeva quando suo padre si era reso conto che camera sua era tappezzata di disegni mentre la scrivania era quasi sempre in ordine, come se fosse allergica ai lapis. Forse glielo aveva fatto notare Sinu, quando si era presentato per l'ennesima volta con una scatola da ufficio da regalare a Camila e sua moglie lo aveva guardato obliquo, come se non avesse mai alzato lo sguardo da quelle scatole. E allora aveva capito, perché aveva visto. Camila non sarebbe mai diventata un avvocato, voleva essere un'artista.

Ora, dieci anni dopo, si trovava finalmente dove voleva essere. Entrare all'accademia non era stato affatto semplice, un po' perché la repellenza a documenti e lapis era rimasta inveterata in lei, quindi compilare tuta la procedura burocratica era stato come tornare ai tempi in cui doveva combattere con i regali di Alejandro; e un po' perché l'accademia si trovava dall'altra parte del paese, lontana chilometri e chilometri da Miami. Era una bella esperienza, l'aveva voluta fin da quando il professor Ghilman, poco prima che si diplomasse, l'aveva pregata di non smettere di disegnare. Era stato lui a farle avere il dépliant, ed era stato lui a scriverle una lettera di raccomandazione. Ma nonostante calpestare quel campo fosse come finalmente sentirsi realizzata, non poteva negare che aveva nostalgia di casa. Fortunatamente un pezzo di Miami stringeva la valigia dietro di lei, letteralmente.

«Beh, dove si fanno le feste qui?» Chiese Dinah, scrutando la facciata austera da dietro le lenti fuscia. Camila aveva provato a dirle che presentarsi con gli occhiali di Barbie non era l'ideale, ma l'amica sosteneva che agli artisti piacevano le cose bizzarre e che forse era lei ad aver sbagliato ad indossare una t-shirt monocolore.

«Credo che prima dovremmo trovare la segreteria.» Le fece notare la cubana, guardandosi attorno curiosa.

«Che noia! E io che pensavo di aver già lasciato Miami.» Sbuffò seccata. Anche lei non gradiva la burocrazia, tantomeno se le impediva di cercare ciò che davvero le interessava. Camila aveva sviluppato una certa tolleranza, visto che per diciotto anni aveva convissuto con un padre ligio alle scartoffie.

Si avviarono verso l'interno, grazie all'aiuto di altri studenti riuscirono a trovare la segreteria e dopo le varie firme e i vari timbri, vennero scortate verso le loro stanze. Un po' le dispiaceva, ma quando aveva deciso di intraprendere quel percorso non aveva ancora conosciuto Dinah, o per lo meno non la considerava ancora un'amica tale da poter condividere la propria stanza per anni. Nel tempo aveva cambiato pensiero, ma ormai bramava di poter avere una camera propria, e quando la segreteria le aveva trovato l'ultima disponbile aveva capito che era un segno del destino. Fortunatamente Dinah non se la prendeva per così poco, era troppo impegnata a capire come bere la birra a testa all'ingiù senza farsi distrarre dagli addominali dei ragazzi che sicuramente avrebbe incontrato.

Camila sistemò la valigia sul letto. Gli scaffali della libreria in legno erano ancora spogli, ma non lo sarebbero stati per molto; aveva portato più pennelli che vestiti.

                        *****

Dopo tre settimane, l'accademia stava iniziando a riempirsi. Inizialmente, alle lezioni facoltative, i banchi restavano quasi sempre vuoti almeno per la metà, mentre adesso qualcuno doveva addirittura sedersi sulle gradinate per assistere alla lezione se arrivava troppo tardi per accaparrarsi un posto.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora