Sogni

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C'è chi ammette che prima di morire non pensa a niente. E chi lo dice è un bugiardo. La cosa più spaventosa infatti non è chiudere le palpebre ripetendosi che sono troppo pesanti per riaprirle ancora una volta, ciò che spaventa davvero è il buio. E credetemi si fa di tutto per riempire il buio .

I ricordi danzano come luci sullo sfondo sfocato della realtà. Se non ci sono ricordi che valga la pena rivivere, allora la mente li inventa. Inventa come quando si conosce qualcuno per la prima volta e ci si aspetta già una seconda. Inventa come quando si ascolta una canzone solo per fantasticare. Inventa come prima di addormentarsi, quando si vuole solo scivolare in tutti i luoghi che da svegli non è possibile visitare, perché potrebbero anche non esistere. E ora, ancora una volta, stai per scivolare in un luogo che non esiste, così vuoi abbandonartici nel più confortate dei modi, perché molto probabilmente quello sarà il luogo dove finirai ed inizierai. Quindi, possono mentire, ma tutti pensano a qualcosa mentre muoiono, perché quell'immagine, quella faccia, quel ricordo, quella fantasia sarà il luogo dove chiuderanno gli occhi per un'ultima volta e spereranno di riaprirli dall'altra parte.

Se ora dovessi chiedervi in quale ricordo o in quel fantasia vorreste restare intrappolati, credo  nessuno saprebbe rispondermi. È sempre troppo presto per calcolare l'eternità. Ma se doveste chiederlo a me, risponderei che non ho scelto, è successo e basta. Tutti in guerra partono con solo due cose in testa: tornare a casa e un pensiero rassicurante in caso non dovessero farcela. Io non C'ho pensato. Forse davo per scontato che sarei tornata o forse sapevo che non sarebbe servito aggrapparmi ad un salvagente mentre camminavo ancora sulla sabbia. Non sono il genere di persona che prevede o pianifica, però immaginare so farlo fin troppo bene. Forse in realtà non ho pensato a niente per scaramanzia. Ma non è comunque servito. Le schegge se ne fregano della scaramanzia. Troppo astratta per loro. Colpiscono solo ciò che può sanguinare. Come me.

Io non credevo possibile poter sanguinare tanto copiosamente. Non lo credevo possibile su di me. Non mi risultava possibile credere che il corpo umano conservasse un ammontare di sangue tanto ingente. Però sono contenta di non averlo dovuto scoprire guardando qualcuno dei miei compagni. Loro hanno ancora qualcosa per cui pregare. Qualcosa da perdere. Non mi lamento sia toccato a me, mi lamento solo perché il dolore mi tiene ancorata a questa vita solo per ricordarmi che non ce ne sarà più dopo. Dopo cosa? Dopo che avrò formulato il mio ultimo pensiero. Immagino sia questo l'ultimo "dopo" che spetta ad un condannato a morte.

Allora, mentre la secca terra si imprime di rosso e il cielo diventa un'alone non più visibile di una nube e la faccia dei miei compagni perde forma e colore, apparendo ad intermittenze fra la chiazza celeste e la polvere delle ciglia, mi ritrovo a pensare alla prima volta che ho conosciuto Camila. Sembra un'altra vita. In effetti lo è. Solo perché mi è concesso viverla per altri minuti, non significa che questa vita mi appartenga ancora. E nell'altra vita io e lei ci scontriamo per caso, così come per caso sto morendo. Mi viene addosso perché è distratta come sempre, non per fretta o per angoscia, è solo il suo modo di vivere, o perlomeno di camminare. Mi chiede scusa, ma sorride timidamente come se avesse qualcosa in più da dirmi ma non trovasse espedienti per chiedermi di restare. Io sono sempre brava a partire, ma fermarmi è sempre un problema.
La lascio andare. Un altro problema é questo: credere che una coincidenza non sia già di per sé un'opportunità, ogni piccolo imprevisto nasconde qualcosa di più a noi occulto ma presente, proprio come il sole dietro il palmo di una mano.

I giorni trascorrono e di occasioni non ne nascono più. É tardi. Che parole crudeli, un marchio sulla pelle, una stella di David sul proprio petto, peggio! Un ciclico conficcato nella pelle, più tagliente ad ogni passo; un sacrificio in nome del Tempo che non ci verrà comunque restituito, ma potrà almeno essere donato più saggiamente la prossima volta.

Camila ha tanti amici. Malgrado la sua timidezza lampante, ha sempre qualcuno con cui parlare. Ricordo quel pomeriggi afosi, il sudore sulla nuca, l'odore di ginepro, la luce accecante dell'estate incipiente. Adesso, fra i raggi di vita e i lampi di morte, la sua immagine si confonde con questo sole, scottandomi la pelle più di quanto questo terreno farà mai.

La scuola finisce. Mi sono promessa di parlare entro la fine del semestre. La fine é qui. É una promovesse vana. Non le parlo. Forse credo che ci sarà occasione in futuro. Sbaglio. Non la vedo più. Cambia città, insegue i suoi sogni. Di lei mi rimane solo un vago ricordo, qualche soffice illusione e un perfetto senso della realtà.

Adesso chiunque si domanderebbe perché rifugiarsi nel ricordo di una persona a cui non si é mai nemmeno rivolto la parola, che avrà dimenticato la nostra esistenza prima ancora di giudicare quanto insignificante o rilevante fosse. Facile, più facile della guerra, più facile di morire in guerra: perché i sogni compongono il nostro essere più di quanto un minuto d'orologio farà mai. Lei é il mio sogno. E un sogno rimarrà. Ma mentre il respiro si fa più greve, le mie ossa si sbriciolano come sabbia sotto di me e i muscoli si afflosciano fra uno spasmo e l'altro, sorrido. So che se dovessi mai incontrarla in un'altra vita, sicuramente le direi....

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora