Jar Of Hearts

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É un capitolo vecchio, te lo scrivo in un altro momento il lieto fine.

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C'erano stanze dove la voce non arrivava e quelle erano le nostre. Gli occhi vagavano altrove giustificando l'assenza di carezze. Non c'era contatto nemmeno quando ci toccavamo, eppure nessuna delle due voleva smettere. Sembrava che tutte le occasioni fossero state sprecate e tutte le scommesse perse, ma non ci arrendevamo nemmeno allora, quando la posta in gioco era la mia difnità e il suo orgoglio, non smettevamo di calare carte pur sapendo che al posto della fortuna sarebbero girate le spalle.

Sapevo che Lauren si distendeva accanto a me dopo aver baciato qualcun altro, ma mi accontentavo di sapere che si sarebbe addormentata dalla parte del suo cuscino per non allontanarla. Anche se in realtà era lei ad allontanarmi. Giorno dopo giorno perdeva un piccolo pezzo di me, un pezzo che non so se sarebbe tornato ma sicuramente non sarebbe stato più suo. E affondavo le unghie nella fodera lambiccandomi per comprendere come potesse gettare al vento ciò che avevamo per cercarlo nelle labbra di qualcuno che non l'avrebbe mai guardata con gli occhi che riservavo solo a lei.

Dinah, Normani e Ally ne restavano fuori, ma vivevano comunque sotto lo stesso tetto - se "tetto" si potesse definire un autobus costantemente in viaggio. Quindi, per quanto cercassero -e sono sicura volessero- di non invischiarsi, non potevano nemmeno coprirsi gli occhi o tapparsi le orecchie: certe sensazioni vibrano nell'ambiente proprio come la nostra musica vibrava negli stadi.

Se per Normani e Ally era quasi doveroso azzittirsi e pretendere che entrambi i rapporti fossero equi e soprattutto equilibrati, per Dinah era una storia diversa. Con lei la politica della gentilezza non valeva. Eravamo state sorelle prima ancora che compagne, era difficile poter stabilizzare il rapporto con Lauren se doveva sempre inginocchiarsi per pulirmi le lacrime o abbracciarmi per farmi smettere di tremare. La salutava al mattino, la ringraziava quando le passava la saliera, si complimentava quando uscivamo dallo studio di registrazione, ma tutte queste interazioni non avvenivano mai in maniera naturale. Era diventato un meccanismo automatico, qualcosa che teneva in vita la nostra quiete come il carburante teneva in vita il nostro amato bus: non ci sarebbe stato nessun viaggio senza una band. E noi eravamo una band, anche se non ci sopportavamo più.

Erano passati mesi dall'ultima volta che avevo dormito in lenzuola che non fossero impregnate del profumo di una donna che non avrei mai nemmeno conosciuto. Non davo a Lauren ciò che si prendeva già altrove, ma lentamente anche la mia sola presenza nello stesso letto iniziava ad essere un valore che non meritava perché non lo capiva, non lo apprezzava. Ripresi a dormire nella mia cuccetta, quella che usavo agli albori, quando ancora non conoscevo altro che i loro nomi e credevo che saremmo state solo buone amiche unite da un sogno divenuto incredibilmente quasi realtà. Invece poi c'era stata Lauren. Con i suoi capelli mossi e corvini, con i suoi smeraldi enigmatici e ipnotici. Quella maglietta che indossava per aggirarsi nel bus era la stessa che avevo usato dopo aver passato la notte con lei. Non potevo credere Che bastasse Cambiare letto per non fare brutti sogni o, addirittura, per dimenticare quelli che mi avevano illuso. Ci voleva qualcosa di più di una scelta: ci voleva una decisione.

Non so quando e come decisi che non avrei ritrattato sulla mia posizione, quando decisi che era abbastanza e che non c'era più niente in cui sperare e sopratutto più nessuno da aspettare. La notte non tornava da me, non era mai tornata da me: scappava da loro. E questo era diverso dall'amore e anche dal rispetto. Poteva amarmi, anche se non credo ne fosse capace, ma non poteva rispettarmi. Non si trattava della carriera. Si trattava di me stessa.

Quando iniziai a fare la valigia, nessuno sapeva nulla. Nemmeno Dinah. Questo è l'unico rimorso che ho lasciato in quell'autobus. Avevamo condiviso fin troppo per non renderla partecipe di quello che sarebbe stato il futuro, futuro che non apparteneva solo a me, ma in quel momento, sì, pensavo solo a me, lo ammetto e non trovo un motivo per pentirmene. Lauren l'aveva fatto per mesi, mettendo a rischio tutto il progetto, adesso lo stavo facendo io e speravo di poter essere capita, ma non so quanto possa biasimarle per non averlo fatto. Non si può perdonare qualcuno per aver commesso gli stessi errori che l'hanno costretto a scappare, proprio perché conosceva il dolore che avrebbe causato.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora