Neighborhood

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Perché ogni volta che cercava di essere migliore finiva per scontrarsi con i suoi tentativi falliti?

Aveva cambiato città per sfuggire ai rimorsi sempre pronti a bussare alla sua porta, molto spesso nel cuore della notte e ancora più spesso pronti a ripetersi. Charlie era stata l'ultima a cui aveva sottratto la possibilità di cercare qualcuno di migliore. Non era una giustificazione, ma almeno l'aveva lasciata avvolta in lenzuola di seta, una mera consolazione per aver trovato il posto letto accanto al suo spoglio e già freddo da un po', ma comunque una consolazione.

Los Angeles era la città degli angeli, così dicevano. Ed era proprio quello l'unico posto dove i diavoli o si convertivano ad anime buone o proseguivano inevitabilmente la strada per la dannazione. Il problema, per Lauren, non era come farsi spuntare le ali, bensì come dire addio alle corna. Il paradiso era confortante, ma era la tentazione a muovere ogni suo passo. Che senso aveva possedere gli occhi se non usandoli per sbirciare nell'abisso? Solo che, come aveva detto una volta Nietzsche, "se tu scruterai a lungo dentro l'abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te", ecco perché aveva deciso che il cocktail adrenalina e spregiudicatezza andava rovesciato al suolo una volta per tutte.

Los Angeles, dunque. Miglia e miglia di spazio aereo fra il giardino della sua infanzia, le grigliate di suo padre, le amicizie strette fin dai tempi delle ginocchia sbucciate... Ma nonostante la mancanza di casa, c'era anche un senso di serenità che accompagnava le sue passeggiate solitarie. Trovava confortevole doversi prendere quei due secondi alla mattina per ricordare in che letto fosse, e ancora più appagante era schiudere le palpebre sempre su un cuscino vuoto e perfettamente intatto. Non c'erano rimorsi da quella parte di città, nessuna colpa risplendeva controluce agli albori di un nuovo giorno, e soprattutto nessuna minaccia urlava singhiozzante nella notte contro la sua porta di casa. Era così che avrebbe voluto vivere. Per sempre.

Ma il per sempre non per forza esclude il "mai più". Non si escludono a vicenda, purtroppo possono coesistere quando liberarsi dalle proprie responsabilità è l'unico bisogno primario per il proprio ciclo circadiano.

Quella mattina pensava di ingannare il traffico stradale uscendo con quindici minuti d'anticipo e già elettrizzata dal caffè, ma invece di schivare possibili ingolfamenti, ne creò uno.

Stava ancora scendendo le scale, con il riflesso dello smartphone negli occhi. Poteva lasciar perdere i messaggi lavorativi fino a sera, ma le comunicazioni ufficiali di sua madre in quanto alle condizioni delle siepi in giardino erano inderogabili. Era impegnata a sbrogliare la matassa di particolari floreali quando urtò involontariamente -ma non per questo meno violentemente- qualcuno. Notò prima le arance rovinare come birilli lungo le scale, poi le banane schiantarsi al suolo.

«Ho appena ucciso le tue banane,» disse senza nemmeno sapere a chi lo stesse dicendo.

«E anche la voglia di essere amichevole con il vicinato.» Rispose una voce femminile, attirando su di sé un'occhiata truce che però se non fosse stata smorzata dal sorriso ironico della ragazza, lo sarebbe stata sicuramente dall'eleganza cesellata dei suoi tratti.

I capelli raccolti in una coda alta, dismessa, lasciavano scoperto il viso dolce e affusolato. Lo stesso che permetteva la sua maglietta attillata e i suoi pantaloncini con la carnagione caramellata sottostante. Lauren delgutì: si trovava a Los Angeles da abbastanza mesi da credere di poter essere sulla buona strada per la redenzione, ma non da troppi per illudersi di averla a portata di mano. E quella ragazza, se non era l'incarnazione del diavolo, era la sua tentazione più sublime.

«Beh, non che qualcuno te lo abbia chiesto..» Mormorò sommessamente la corvina, ma non abbastanza da non farsi udire dal già scattante sguardo dell'altra.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora