I Bet You Think About Me

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Does it make you feel sad
That the love the you're looking for
Is the love that you had?

When you say "oh my god,
she's insane, she wrote a song about me."
Yeah, I bet you think about me.

————

Spiego il giornale davanti a me. Fra le notizie politiche e internazionali, scovo la solita sezione musicale e i soliti trafiletti sugli artisti. Metà delle canzoni di cui si parla le ho scritte io. Metà dei nomi che oggi valgono qualcosa lo devono a me. Eppure, fra tutti i miei successi, mi risalta all'occhio proprio il mio unico fallimento...

Lauren Jauregui: il chiaro di esempio di come non fare musica.

Apparentemente sono molto brava a ispirare gli altri, ma non lei. Forse perché gli altri non mi hanno visto lanciare piatti da una parte all'altra della stanza o camminare a piedi scalzi con la maglietta al contrario, tantomeno sanno che forma ha un mio morso. Probabilmente quando qualcuno ti conosce per quello che sei davvero, perdi ogni talento.

Rileggo il paragrafo sulla sua reputazione. Mi fa piacere? No. Mi dispiace? Nemmeno. É così brutto non essere né una né l'altra cosa? Quando stavamo insieme, la sua carriera andava nettamente meglio, ma non per le mie doti manageriali, bensì per quella maglietta al contrario, per quella ceramica a pezzi, per i miei denti sulla sua spalla. Ogni dualità si rifà sempre a quello che volevi e quello che hai perso.

Lei non ha più il successo. Io non ho più la musica.

Faccio musica o meglio: la faccio fare agli altri, la scrivo per loro, ma non canto più per nessuno. Nemmeno per me stessa. Suono il pianoforte e non sento le parole dentro. Ascolto un vinile e la bocca rimane serrata. Ho perso la voglia di raccontare, il che, per me, significa morire. Si, la fantasia mi permette ancora di cucire storie sulla pelle degli altri, ma io mi riferisco alle storie vere, a quelle che hanno un senso perché ti hanno cambiato. É terribile osservare la penna dall'altro lato dell'inchiostro. Un lago di pece nera. Non canto più. Non scrivo più. Di me resta solo quello che gli altri non sanno dire.

Ma é quanto basta per arrivare a fine mese. A dire la verità é quanto basta per arrivare a fine anno...

Il telefono squilla interrompendo il torpore. Lo afferro chiudendo il giornale.

«Pronto?»

«Camila?»

«Si, con chi parlo?» Solitamente i clienti non sono così confidenziali.

«So che é passato tanto tempo, ma pensavo ti ricordassi di una voce... Non é il tuo lavoro?» Non é il tono a risvegliarmi il ricordo, ma il sarcasmo. Pungente e schietto.

«Normani?»

«Il piacere é anche mio.» Allontana la cornetta per dare qualche dritta ai suoi collaboratori, poi torna da me: «Allora, Camila, quando hai un posto libero in agenda per me?»

«Per te, ma...» I miei occhi cadono sui titoli del quotidiano di oggi. Improvvisamente mi si accende la lampadina. Dove c'è Normani, c'è anche Lauren. Con uno schiocco sonoro le domandò: «Cosa sta succedendo?» I loro escamotage funzionavano quando ero troppo ingenua per sapermi difendere da ciò che amavo, ma sono passati anni dall'ultimo inganno che abbia accarezzato.

«Sarò lieta di spiegartelo di persona. Domani, che ne dici?»

Dovrei dire no. Dovrei mandarla al diavolo. Dovrei riagganciare e basta. Invece resto in attesa. Aspetti e aspetti per un tempo interminabile l'impossibile, puoi rinunciarci quando ti piomba addosso solo perché é la cosa giusta? L'orgoglio ti ha tenuto a galla per tanto tempo, ma non ti ha salvato.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora