La Galleria Pt.2

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«Credi che questo risolva il problema?» Ally sentiva di parlare da sola, dato che Camila faceva di tutto altro che guardarla o ascoltarla.

«Mi pare non ci sia un problema.» Scrollò le spalle, ma aveva lo sguardo abbassato su documenti che aveva già firmato. Due volte.

«A parte il fatto che il tuo matrimonio è una farsa, intendi, oppure riguardo al fatto di pretendere che con Lauren non sia successo nulla?» Nessuna delle due opzioni le faceva piacere, ma solo sulla seconda strinse la carta fra le mani come se non avesse altro a ci aggrapparsi. «Ah, quindi stiamo giocando a questo gioco. Capisco.» Annuì solennemente Ally, attirando per la prima volta l'attenzione della cubana.

«Ally, lo so che ti preoccupi per me, e ti ringrazio,» ma comunque Sospirò come se non volesse affrontare l'argomento senza bere un goccio del bourbon che conservava sulla scrivania. «Ma, davvero. Licenziarmi è stata solo una questione lavorativa. Lauren non ha niente a che vedere con questo.» Si strinse nelle spalle e sperò che sostenere lo sguardo inquisitore di Ally fosse abbastanza per non tramandarle il batticuore che si celeva sotto l'espressione tanto placida.

«Va bene, se lo dici tu. Non voglio insistere.» La bionda afferrò i documenti dalla borsa per cui si era seduta nel suo ufficio. «Allan Bridge indice una mostra della sua nuova galleria. Vuole una ventata di aria fresca per la prossima apertura. Gli piacerebbe una commistione di stili moderni, artisti che sappiano cosa vuol dire rinnovare partendo dalla tradizione. E vuole sia solo tu a metterci mano.» Depoistò lentamente la pliche sulla superficie, fissandola con sguardo colmo di raccomandazione. «Non importa ti dica quanto è importante, vero?»

«No, grazie. Mi ricordo come si fa il mio lavoro.» Si sforzò di sorridere, ma alla bionda arrivò senza riserve il disappunto dei suoi occhi costretti a non alzarsi al cielo.

«Lo so, ma preferisco ricordartelo, visto che ultimamente trasgredisci molto i tuoi doveri deontologici.» Erano amiche, lo erano sempre state, ma erano anche colleghe, e la professione di una era strettamente collegata alla credibilità dell'altra. Ally le procurava i clienti, Camila li soddisfaceva. Solo che con Lauren si era spinta un po' troppo là, e la bionda non si scomodava a ricordarglielo. Era la perfetta incarnazione del suo subconscio, solo che quello poteva zittirlo, Ally, invece, no.

«Va bene, allora vado, ti lascio lavorrare. Ci vediamo sabato.»

«Sabato?» Era già mercoledì e non ricordava che impegni avesse preso. Meglio incolpare la stanchezza.

Ally si portò una mano sulla faccia e bofonchiò sottovoce parole che Camila preferì non sentire. «Sabato, c'è la cena al Moma. Siamo invitate come ospiti. Pensavo avessi già preso anche il vestito.» La squadrò dall'alto in basso, spogliando le sue bugie. Doveva tenerle a mente, visto che a concatenarne un'altra su due piedi era pessima.

«Ah, è questo sabato? Ho confuso le date. Ci sarò.» Annuì, mascherando il nervosismo sotto un sorriso tirato.

«Speriamo.» Mormorò fra sé e sé mentre richiudeva la porta, permettendo finalmente a Camila di respirare.

*****

«Ti ricordi come si chiama il proprietario del Feng, perché ci sarà anche lui, e vorrà parlarti. Meglio se lo chiami con il nome corretto, se vogliamo assicurarci che firmi.» Dinah era contenta che la corvina avesse seguito il suo consiglio e si fosse attrezzata con un frigo a portata di mano per i viaggi più lunghi e le serate più faticose.

«Patrick qualcosa Jett.» Era già contenta di ricordarne un buon 70%, ma non bastò per evitarle il sospiro esasperato dell'altra.

«Patrick Tyren Jett.» Puntualizzò fissandola risentita, ma a Lauren piaceva avere l'ultima parola, soprattutto se aveva lasciato l'ultimo calice delle sue scorte all'altra.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora