Ladra 2

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6 anni dopo...

Le tende di lino rinfrescavano l'aria anche quando soffiava un vento impietoso e torrido. I cuscini azzurri ricordavano il cielo anche quando fuori le nuvole erano plumbee e avverse. C'era sempre profumo di caffè o biscotti e se qualcuno si scorticava un ginocchio era a casa di Camila che trovava sempre un cerotto e qualche sottile rimprovero. La donna si era trasferita stabilmente in Ohio da due anni ormai. Gli ultimi quattro non avrebbe saputo dire dove aveva vissuto, o meglio dove non aveva vissuto. Ad un certo punto le era parso di aver percorso l'intero perimetro del continente due volte, tante erano le facce che aveva dimenticato e le mani che aveva stretto o le tende dove si era accampata. Voleva approfittarne mentre era giovane e piena di energie, ma poi, dopo aver sperimentato la libertà con mano, si era ritirata alla vita quotidiana, quella vita che aveva bramato e rifiutato allo stesso tempo, quella vita che l'aveva separata da Lauren molti anni addietro.

Erano state le tre settimane più lunghe della sua vita, ma alla fine erano valse a qualcosa. Avevano litigato e avevano fatto la pace, come sempre, ma soprattutto si erano spiegate e avevano compreso che Lauren non poteva vivere senza adrenalina. Non importava quanti escamotage potesse architettare Camila per persuaderla, non le bastavano mai. Non le bastava perché la scossa adrenergica era sufficiente solo se rischiava perennemente la vita, e dubitava di potersi sentire in biblico sbucciando pannocchie.

Si erano salutate davanti al carcere con un bacio che era durato più del pellegrinaggio di Camila in quei quattro anni, poi Lauren era salita sul camion e si era volatilizzata. Leggeva ancora di lei su qualche pagina di giornale, sentiva le notizie in radio o al telegiornale, ma faceva sì che la stazione o il canale fossero sempre altrove quando trattavano della banda più scapestrata d'America. Era già difficile sopravvivere lontana da lei, non poteva sopportare anche sapere quanto lo fosse davvero.

Le piaceva la sua vita. Anche se a volte, per quanto lo detestasse, doveva dare ragione a Lauren: si annoiava. Le sgommate sul selciato le ricordavano che anche dei bambini vivevano più avventure di lei e questo un po' le storceva il naso, ma poi le bastava rincasare e stendersi nel letto per comprendere che ad alcune comodità non c'è prezzo.

Quella mattina, mentre sciacquava i piatti insaponati, stava sospirando per la stessa magagna. Avvertiva le mani pruderle anche sotto l'acqua. Contemplava l'orizzonte e voleva solo correre e sperare ci fosse qualcuno a dirle "vieni, commettiamo qualcosa di folle". Non si mise a correre, ma qualcuno che andò a prenderle ci fu comunque. Erano anni che non la vedeva, poteva anche essere un brutto abbaglio giocato dalla nostalgia o dalla stanchezza, ma quando la sua camminata fendette il riflesso del sole non ci furono ulteriori dubbi. Era lei.

Le labbra schiuse di Camila furono il primo dettaglio che la corvina registrò al di là della finestra. Le bastò guardarla da lontano per capire che il tempo non era mai passato. La donna si avviò alla porta d'ingresso e attese senza bussare che Camila le aprisse la porta.

La cubana, per un attimo, si aggrappò alla maniglia e tirò solo dopo qualche istante. I loro sguardi si scontrarono per un attimo che parve infinito. Non capivano cosa si fossero perse, ma sapevano che non era passato un giorno senza che se lo dimandassero.

«Ciao.» Lauren era sempre la più temeraria e anche in quell'occasione lo fu.

«Ciao.» Si costrinse a non balbettare, accennando un sorriso che tradì tutto lo stupore.

«Posso?» Domandò cordialmente Lauren, come se fosse una delle tante mamme che andava a recuperare il figlio malconcio, ma l'unica cosa malconcia lì era il respiro di Camila.

Le aprì l'uscio per farla accomodare e lo richiuse con la stessa lentezza di prima. Era uno spettacolo surreale. Lauren, la temibile e clandestina Lauren si trovava nel suo salotto. La sera prima stava sparando ad una guardia e adesso sedeva sul divano in attesa che anche lei la imitasse. Per la prima volta fece ciò che in tanti anni non aveva fatto mai: si sedette a debita distanza.

«Ti sei sistemata bene.» Annuì con fare deferente, sperando che i complimenti circostanziali potessero bastare così.

«Non mi lamento.» Sorrise. Mentre la corvina osservava la casa in cerca di qualcosa che le ricordasse del passato, Camila faceva lo stesso con lei.

«Anche se l'Ohio è un po' lontano.» Incrinò le labbra in una smorfia, facendo schioccare la lingua contro il palato.

«Lontano da cosa?» Scosse flebilmente la testa Camila.

Lauren la penetrò con i suoi smeraldi. «Lontano dalla vita mondana.» Ammiccò con fare salace e malandrino. Già, non era cambiata poi così tanto, e non sapeva quanto potesse esserne felice di questo.

«È dove voglio stare.» Sentenziò affabile ma austera.

Lauren si rese conto che non aveva alcun diritto di stare lì a pontificare sulle sue scelte di vita.

«Beh, bene allora.» Anche questo sperava che bastasse come scuse, perché per i complimenti si era preparata ma per fare penitenza no.

Camila le aveva offerto un caffè e Lauren le aveva chiesto un tè al limone. La cubana si era spostata nell'altra stanza per esaudire la richiesta e quando si era voltata, Lauren stazionava sullo stipite con occhi puntati su di lei. Camila aveva poggiato la teiera sul tavolo senza badare alle tazze vuote.

«Che ci fai qui?» Aveva chiesto dopo attimi di silenzio.

«Volevo salutarti, sapere come stessi.» Incassò le spalle, ma Camila sapeva che non era mai solo quello.

«Io penso tu volessi vedere com'è vivere qui e decidere se restare o meno.» Dichiarò, imporporandosi per la presunzione che dopo sei anni custodiva nei suoi riguardi.

Lauren si sforzò di trattenere un sorriso. Aveva perso l'interesse per il crimine, ma non per i criminali. «Tu vuoi che resti?»

«Non devo chiedertelo io.» Si era impegnata a lungo per essere una versione meno bisognosa di lei, quindi stava cercando di attenersi a ciò che la mente aveva conquistato e non a ciò che il cuore minacciava di demolire.

«No, te lo sto chiedendo io infatti.» Aveva eccepito Lauren, avanzando all'interno della stanza per trovarsi dall'altra parte del tavolo, faccia a faccia con lei.

«Non credo sia la vita che tu voglia.» La teiera le stava fumando accanto, eppure dei brividi le correvano lungo la schiena.

«Non sai niente di me.» L'aveva presa in contropiede la corvina, stendendo le braccia sulla superficie di legno, a sfiorare le sue nocche.

«So che hai passato gli ultimi sei anni a svaligiare banche.» Un'espressione contrariata le aveva sfigurato il viso...

«E tu a sfornare biscotti.» ...E così anche a Lauren.

«A me piace ciò che faccio.» Si era difesa Camila, che ancora si riteneva miracolata per aver avuto una seconda possibilità.

«Anche a me piaceva. Ora, però, mi piace di più stare con te.» Finalmente aveva schiuso il palmo sulle sue dita ancora rannicchiate e il suo sguardo si era intensificato nello sguardo della donna.

«Per quanto?» Aveva domandato Camila, la quale non aveva la forza di allontanarla una seconda volta.

«Per almeno sei anni.» Aveva risposto con un mezzo sorriso che era scoppiato in risata quando Camila aveva intrecciato le dita alle sue.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora