Una cosa che non esiste

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Il destino é un atto di codardia. Quando manca il coraggio, soccorre il fato. Quante volte agiamo solo perché ci viene detto "é un segno del destino". No, non é una legge non scritta a venirti a trovare, ma un rimorso che non hai saputo affrontare.

Ora, so che é difficile smettere di alzare lo sguardo verso il cielo e vedere solo un accumulo di plasma che irradia energia attraverso fusioni nucleari sotto forma di radiazione elettromagnetica, ma credetemi, é sempre meglio chiamare le cose con il loro nome. Destino, vigliaccheria. Stelle, punti luce.

Adesso che abbiamo steso le carte in tavola, ne pescherò una casualmente per comprovare la mia tesi. Permetterei di farlo a voi, se potessi, ma siccome le parole sono le mie, dovrete fidarvi della mia storia quanto della mia scelta.

Regina di cuori. So da dove cominciare.

Potrei partire dalle audizioni di X factor, oppure dal primo tour insieme, ma preferisco raccontarvi del dopo, invece, di quella tela bianca su cui ogni immaginazione ha tracciato un dipinto diverso. Tempo di svelare il quadro.

La mattina di Natale, una bufera di neve aveva obbligato a cancellare impegni e voli nell'arco di due ore. Per fortuna io ero rincasata due giorni prima, ma molti sprovveduti trascorso le vacanze lontani da casa quell'anno. I giornali non facevano altro che parlarne. Un esodo di mariti e madri. Come se non bastasse, le comunicazioni erano interrotte perché le centraline elettriche erano k.o. I più organizzati usavano l'alimentatore d'emergenza per illuminare le facciate delle case; sia mai trascorrere un Natale al buio.

Mia madre era uscita presto. Il cellulare era solo un peso in tasca, dunque aveva lasciato un biglietto attaccato al frigorifero: "torno per le dodici. Baci". Alle dodici e quindici effettivamente rientrò, ma non da sola. Il cappello nero di Lauren sbucava da dietro le sue spalle. La ragazza si toglieva fiocchi di neve che aveva già asciugato. Mia madre sorrise entusiasta.

«Che fortuna! Ci siamo incontrate al bar.» Faceva spola fra me e lei. Il gelo era più tagliente dentro che fuori.

Lauren abbozzava sorrisi, mentre decideva cosa farsene delle proprie mani. Io un'idea ce l'avrei, pensai serrando i pugni lungo i fianchi per non serrarli sul suo collo.

«Questa bufera ha interrotto tutte le comunicazioni. Per fortuna ci siamo scontrate. Vado ad aggiungere un posto a tavola.» Sinu doveva ancora riscuotersi dal freddo, per poter avvertire il gelo nella stanza. Le sorrisi cordialmente e aspettai avesse lasciato la stanza per afferrare Lauren per le spalle e chiuderla contro il muro.

«Hai proprio una bella faccia tosta.»

«Non é colpa mia!» Alzò le mani in aria, ma l'innocenza non le si addiceva. Non più. «Tua madre mi ha incastrato.»

«Potevi inventarti una scusa. Sei brava con le bugie.»

Inarcò un sopracciglio: «Davvero? Dobbiamo parlarne anche per il giorno di Natale?»

«Non dovremmo, se non fossi qui.» Inspirai a fondo, guardandomi le spalle. Non volevo la mia famiglia scoprisse che la perfetta Lauren non era così perfetta proprio mentre mangiavamo panettone seduti allo stesso tavolo.

«Questa é anche colpa tua.» Azzardò sottovoce, assottigliandosi maggiormente contro il muro quando incassò la mia occhiata truce.

«Colpa mia? Ah certo, anche a scaricare il barile sei brava.»

«Se glielo avessi detto sei mesi fa che mi hai lasciato, magari adesso tua madre non penserebbe che invitarmi a pranzo sia una buona idea.» Evitava il mio sguardo, parlottava come un bambino interrogato alla lavagna.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora