Colpevole, vostro onore

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Questa é per un'amica che mi ha chiesto di dar voce anche a chi, come lei, ha sbagliato arrendendosi. Un abbraccio. Buona lettura.

Se esistessero delle parole per descrivere come mi sento in questo momento, le strapperei come carta e le brucerei nel fuoco.
Sia dannato chiunque nella cenere intraveda anche una sola lettera.

Non voglio nessuno ricordi, nessuno sappia. Se non viene pronunciato, forse non é mai successo. I vetri frantumati al suolo dicono il contrario, ma ci cammino sopra, li pesto; se pretendo di non tagliarmi, forse non sanguino. Forse non ho rotto davvero ogni oggetto fragile della stanza, forse non sono io l'oggetto fragile della stanza. Rompo tutto per nascondere le crepe del mio essere.

Da mio padre ho ereditato l'orgoglio. Da mia madre la funzione. Il primo non si pentiva mai, la seconda si ingannava sempre. Avrei potuto scegliere caratteristiche migliori. Non saper ammettere di aver sbagliato e convivere illudendosi di non aver mai commesso tale sbaglio, é la parte migliore della giornata e la peggiore della mia vita. Non soffro, ma non smetto mai di perdere. Alla fine tutte le sconfitte fanno di me un mezz'uomo, qualcuno a cui faticherei a stringere la mano, ma ammirerei per l'indifferenza. Devo odiarmi o perdonarmi? Amarmi non é contemplato, non finché crescerò.

Una cosa é sicura: Camila non mi perdonerà e non mi amerà. Non più. Mi odierà. Mi odio pure io. Il contratto é scaduto, le regole spezzate, i termini decaduti. Sono solo parole su un pezzo di carta. Anche queste da bruciare nel fuoco, ma invece io le ho rese fuoco e hanno bruciato noi.

So quanto crudele sia stato dichiarare con enfatico risentimento che fra me e lei non c'è Mai stato niente. So quanto crudele sia stato soprattutto farlo di fronte a tutti, senza avvertirla. So quanto sia stato crudele il tono con cui l'ho dichiarato. Pessima, pessima... Se continuo a pensarci, non troverò mai un momento nel tempo per levigare la lama con cui ho ferito lei e ucciso me. Ecco fatto: l'ho persa, ma il corpo da seppellire é il mio, perché non sono la vittima, sono il carnefice che sconta la ghigliottina. La testa mi resterà anche sulle spalle, ma il fegato, i reni, il cuore, i polmoni sono putrefatti dal senso di perdita che io ho causato. Un nave timonata nella tempesta non si sorprende di affondare.

Io mi sorprendo del rumore delle chiavi nella toppa, ma non del tonfo delle porta. Non mi guarda nemmeno. Tira dritto. Il mio braccio proteso lo scansa con un brusco gesto. Io non lo so ancora, ma da oggi in poi non mi cercherà più. Quando saremo allo stesso evento, lei camminerà dall'altra parte. Il mio nome risuonerà nei suoi silenzi. Passeranno cinque anni di totale assenza e lei, puntualmente, fingerà di non ricordarla. É fatta così: a costo di morire ogni sera nel suo letto, non permetterà mai alle sue labbra di incurvarsi nel verso sbagliato in pubblico. Io lo sapevo e ho peccato di presunzione troppe volte per credere che anche questa venga scusata.

«Ho fatto una cazzata.»

Sorride sardonica mentre sale al piano superiore: «Sai che novità!»

Cattiva, ma ragionevole.

Salgo i grandini a due a due. La ringhiera non può proteggermi dalla caduta. Stiamo già in bilico da troppo tempo, una delle due dovrebbe spingere l'altra così almeno finirebbe tutto. Un urlo e il silenzio. Finisce sempre tutto così. Invece lei non mi guarda nemmeno, mi lascia a penzolare sul vuoto da sola.

«So che sei arrabbiata,» le dico mentre entra in camera: «ma io non ero pronta, ok?»

«Quando mai lo sarai Lauren?!» Sbotta. Mi fissa. Sa che non risponderò e questo la ferisce ulteriormente. «Mai, ecco quando. Mai!» Usare il termine "afferrare" sarebbe fare un torto ai fatti. Scaglia la valigia sul letto e arraffa i vestiti al suo interno.

Solo ora mi rendo conto di quanto grave sia la situazione, e solo ora capisco di non aver modo di rimediare. Forse per questo farfuglio preghiere senza senso, perché sono abituata a rivolgermi a chi ormai non ha più voglia di ascoltarmi.

One shot CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora