💗Dylan O'Brien 1°💗

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MD_MONAGHAN
Presto la seconda parte!♥




















































Non era più lo stesso da mesi.
Non era più lo stesso con gli altri esseri umani.
Non era più lo stesso con il cane.
Non era più lo stesso nemmeno con se stesso.
Da settimane era uscito dall'ospedale, il suo viso era stanco e chiaramente sconvolto, poteva sembrare che si stesse riprendendo ma solo perché il ragazzo fortunatamente non era stato lasciato a se stesso, appunto.

Mentre Dylan, con quelle stampelle, quei farmaci e quei molteplici allenamenti, rimuginava sulla sua vita e su quanta ne avesse sprecata, dietro di lui c'era quell'angelo dai capelli mossi che lo assisteva in ogni minimo bisogno o capriccio.
Perché sì, nonostante avesse subito un intervento d'urgenza e la sua vita gli fosse passata davanti agli occhi in meno di due secondi, Dylan era diventato leggermente irritabile e irascibile invece di placarsi e ammutirsi.

Non era facile per nessuno dei due.

Ma se c'era una cosa che Martinha aveva imparato in quei cinque anni di relazione era che entrambi avevano troppo amore in corpo per perdurare un litigio così a lungo.
Quella volta Dylan aveva cominciato a sbraitare contro il suo agente perché gli metteva pressione, dicendogli di sbrigarsi a guarire.
Come se dipendesse da lui.
E Martinha ci era capitata tra capo e collo, invece di calmarsi l'aveva rimproverata di inutili dimenticanze e battute incomprese.
Così lei era uscita di casa e Dylan ovviamente era rimasto nell'appartamento completamente da solo con il cane che aveva dormito tutto il tempo, incapace di cucinare o andare in bagno perché le stampelle erano rimaste al piano di sotto.

E per tutto il tempo aveva incolpato lei.

Solo quando sentì la porta dell'ingresso aprirsi si tirò su e si mise a sedere lasciando le gambe a penzoloni fuori dal letto.
Udì dei passi, le scale scricchiolare e poi la luce del corridoio accendersi, fino a che i passi non si fermarono alla porta della camera da letto.
<<Stai dormendo?>>
Gli chiese dolcemente, e gran parte della sua rabbia sparì solo a sentirla.
La sua dolce Marti.
<<Sono sveglio.>>
<<Posso entrare?>>
<<È anche casa tua, puoi fare quello che vuoi.>>
Era imbronciato però, quindi quando lei entrò non le rivolse uno sguardo.
<<Stai bene?>>
Le stampelle vennero posate accanto a lui e in un lampo Dylan le afferrò, si mise in piedi con molta fretta che quasi cadeva se non fosse stato per Martinha, e si diresse nel bagno difronte.

La ragazza colse l'occasione e corse al piano di sotto per prendere la busta con dentro il cibo pronto che aveva comprato e lo sistemò sul letto, come fosse un tavolo.
I tovaglioli nuovi erano rossi e a forma di cuore, i bicchieri erano dei calici nel quale avrebbero bevuto il vino frizzante e i piatti avevano dei disegni delle principesse Disney.

Quello era uno dei tipici gesti che lui faceva quando litigavano, questa volta era stata lei a sorprenderlo.
Perché quando Dylan tornò in camera e vide le candele che erano state sistemate su i comodini e sulle mensole, solo in quel momento si accorse di che dono aveva davanti.

Come avesse aperto gli occhi dopo mesi, la vide.
I capelli raccolti in uno chignon più che disordinato. Era dimagrita, parecchio, lo capiva dalle guance scavate e dal collo spilungato. Aveva addosso dei jeans e una semplice canottiera, lei che senza camicia e gonna non usciva mai di casa.
Non era truccata, niente anelli e niente accessori.
Era sfinita, esausta.
E il cuore gli si strinse fino a diventare una biglia.

<<Ti tocca Ariel.>>
Sorridente sventolava in aria il piatto con il disegno della sirenetta sullo scoglio.
Si avvicinò a lei quando cominciò a riempire i piatti con la pasta al forno e quando Dylan si mise difronte a lei guardandola con amore e stupore, scartò la confezione delle polpette e gli porse una forchetta.
<<Io mangio su Biancaneve.>>

Marti cominciò presto a mangiare ma Dylan era ancora senza parole, non sapeva da dove cominciare.
Così disse l'unica cosa che lo tormentava, che pensava servisse.
<<Io ti amo.>>

E credetemi se si potesse descrivere quella senzazione con uno sguardo, sarebbe questa la perfetta interpretazione.

I loro occhi si incollarono per secondi, in silenzio. Nessuno disse più niente, ma con un semplice gesto Marti rispose. Gli portò alle labbra un boccone della propria porzione, condividendo non solo il cibo, ma in una splendida e pretenziosa metafora, il suo cuore.

Allora cenarono insieme, su quel letto, alle 23:00, rinascendo nella relazione e anche un pò nella vita.

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