Capitolo 138 - A vincere senza pericolo, si trionfa senza gloria -

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Cassanio, 21 aprile

Il generale Bonaparte si sentiva più energico che mai e non era dovuto soltanto al bagno che lo aveva rigenerato completamente, lo era anche per via della battaglia che ci sarebbe stata quel giorno. Era quella decisiva, ne era più che sicuro, il suo sesto senso non sbagliava affatto, questa volta avrebbe trionfato in maniera definitiva contro l'esercito piemontese.

L'alba era sorta da poco e dopo aver ricevuto la notizia dell'assenza dell'esercito nemico in quelle zone, comprese che doveva agire "Ora che sono in ritirata sarà più facile coglierli di sorpresa e annientarli" rifletteva; probabilmente Colli sperava di riutilizzare la stessa tattica dell'altra volta o probabilmente voleva recuperare un po' di tempo per riorganizzarsi "Ma stavolta non l'avrete generale Colli, sarò io a vincere".

Senza perdere nemmeno un minuto e l'occasione ordinò alla cavalleria, guidata dal generale Stengel, di lanciarsi contro il nemico che stava ripiegando. Finalmente per l'esperto generale era arrivato il momento di mettersi all'opera; purtroppo a causa del territorio inadatto, Bonaparte non aveva potuto utilizzarla in modo efficace; ma ora era giunta l'opportunità di dimostrare il suo valore, le condizioni erano ottimali. Con un entusiasmo che non provava da anni, Stengel si era messo alla testa delle sue truppe, pronto a mostrare le proprie capacità al giovanissimo comandante.

Henri-Christian-Michel Stengel era stato, sin dalla tenera età, un uomo di guerra e come suggerisce il nome, la sua origine era tedesca. Per un po' di anni aveva combattuto sotto la loro bandiera, nelle Guardie Palatine. Nel 1760, quando aveva pressappoco sedici anni, decise di passare all'esercito francese e sotto tale vessillo partecipò alla Guerra dei Sette Anni, arrivando al grado di tenente due anni dopo e, dimostrando sempre le sue qualità negli anni successivi, fino a diventare ufficiale superiore.

Lo scoppio della Rivoluzione Francese non scombussolò i suoi piani, né gli fece sorgere il desiderio di riavvicinarsi alla vecchia patria, al contrario, lo spinse all'azione; aveva compreso che con un simile evento sarebbe potuto arrivare ancora più in alto nella gerarchia militare. E generale lo divenne. Fu uno degli attori partecipi della battaglia di Valmy, successivamente aveva aiutato Dumouriez in altri conflitti. Ma la sconfitta contro il Principe di Wurtemberg, che portò alla cacciata dei francesi da Aquisgrana, che era stata da poco conquistata dai francesi, lo compromise agli occhi della Convenzione.

Fu arrestato e gettato in carcere, con il processo fu assolto completamente e rilasciato, non poté riprendere il comando fino al marzo del 1795. Promosso generale di divisione nel giugno dello stesso anno venne trasferito nell'Armata d'Italia, alla guida di quella che veniva considerata "cavalleria". Lo stato miserevole delle truppe, la mancanza di cavalli e quelli che possedevano erano o malati o addirittura mangiati dai soldati, gli impedirono l'azione. Fino all'arrivo di quel giovane comandante di origine corsa, che dopo la riforma totale dell'esercito e le prime incredibili vittorie, aveva finalmente permesso a Stengel di scendere in campo attivamente.

Come tutti era rimasto sorpreso sia dalla giovane età, infatti poteva essere suo figlio, essendo uno degli ufficiali più anziani dell'armata, aveva cinquantadue anni, qualche anno di meno di Sérurier, sia per la sua energia e fame di conquista. Non poteva che condividere questa volontà, specialmente dopo aver vissuto per molti anni di totale inattività e perenne noia.

Tuttavia era consapevole del fatto che i cavalli di cui disponevano non avevano la stessa resistenza, la stessa stazza di quella dei nemici, erano decisamente più piccoli e magri. Non poteva imputare questo al comandante, più e più volte Bonaparte stesso aveva ribadito che le mancanze gravi dell'esercito erano dovute principalmente al disinteresse del Direttorio verso l'intera armata. Nonostante stesse facendo il possibile per ricevere gli equipaggiamenti adeguati, dovevano puntare soltanto sul loro indomito coraggio e sulle sue tattiche, non avevano altro. Per questo la sconfitta non era contemplata, dovevano dare uno scacco ai direttori di Parigi e iniziare a puntare seriamente le attenzioni verso di loro.

L'Uomo Fatale - 1: Identità - [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora