Capitolo 3 - Spirito inquieto -

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Non appena i maestri annunciarono la fine delle lezioni giornaliere, i giovani studenti si riversarono, correndo gioiosi, fuori dalla struttura. Giuseppe volle unirsi ad alcuni di essi, i quali lo avevano invitato a giocare da loro, prima di rincasare.

Tuttavia Napoleone gli rammentò le raccomandazioni della madre - Non ti ricordi? Dobbiamo tornare subito a casa, lo abbiamo promesso alla mamma - gli sussurrò all'orecchio.

Il maggiore emise un lungo sospiro e si scusò con i compagni di classe, si mostrò dispiaciuto, sapeva di non poteva fare altrimenti - Alla fine ottieni sempre quello che vuoi, Nabulio - sbuffò, rivolgendosi al fratello.

- Se vuoi subirti una sua ramanzina, vai pure con loro - iniziò il minore guardandolo con la coda dell'occhio, incrociò le magre braccia, evidenziate dalle ampie maniche bianche della camicia - Poi non prendertela con me

Giuseppe sospirò ancora, alzando gli occhi al cielo - Io intendevo ciò che è accaduto oggi in classe, davanti ai compagni e ai professori - gli fece presente, poggiò le mani sui fianchi come se lo stesse rimproverando di una grave mancanza.

- Ti ho solo chiesto uno scambio di ruoli, fratello - si giustificò Napoleone facendo spallucce, con aria innocente - E tu hai accettato volentieri di farmi diventare un cittadino romano, se fossi rimasto persiano, avrei senz'altro perso - imboccò una strada diversa da quella prendevano di solito.

- Dove stai andando? - gli chiese Giuseppe afferrandolo per il braccio e facendolo voltare verso di lui. Napoleone lo guardò per qualche secondo senza proferire parola, Giuseppe rimase quasi imbambolato; ogni volta che incrociava il suo sguardo, provava una strana sensazione, un misto tra timore e disagio, nonostante gli occhi fossero leggermente coperti dai ciuffi sulla fronte - Ha...hai...trovato qualche scorciatoia, vero? - domandò balbettando. 

Napoleone alzò la mano e gli fece segno di seguirlo. Giuseppe, ansioso e allo stesso tempo preoccupato, si posizionò dietro il minore; il passo svelto e sicuro del secondogenito guidava il mite fratello, che lo seguiva insicuro e timoroso.

- Manca molto? - chiese poco dopo Giuseppe, sempre più ansioso di raggiungere casa.

- Shh, non parlare - bisbigliò Napoleone mettendogli immediatamente la piccola mano sulla bocca - Gli animali che vivono qui ci verrebbero contro...

- Ma dove diavolo mi stai portando?! - esclamò infastidito e tolse bruscamente dalle labbra quella dannata mano.

- Fidati - lo rassicurò quasi scocciato dell'atteggiamento impaziente del fratello - Siamo quasi arrivati - aggiunse alla fine.

- Lo spero - lo ammonì il fratello maggiore. Temeva di riempirsi di terra e di sporcare le scarpe che la madre aveva appositamente comperato per la scuola.
Sollevò lo sguardo, rimase stupito dall'imponenza di quegli alberi che, con le loro fronde intricate, avevano creato un'immaginaria catena, al fine di preservare qualche tesoro naturale.

Toccò la ruvida corteccia di un pino e il muschio inumidito dalla resina appiccicosa e vitale per la pianta. L'aria fresca, ma leggermente umida gli penetrò nei polmoni e si sentì come rigenerato di nuova energia.

Un quarto d'ora dopo uscirono da quel posto incantato e si ritrovarono sulla spiaggia, non molto lontano dal centro cittadino, chiassoso, a causa del mercato del pesce, affollato da bancarelle, da uomini e da donne che si spintonavano per vendere e acquistare il loro prodotto a buon prezzo di mercato. 

- Visto, fratello mio - confermò orgogliosamente Napoleone rompendo il lungo silenzio generatosi tra i due.

- Siamo anche in anticipo! - ammise con gioia Giuseppe controllando il suo orologio tascabile.

L'Uomo Fatale - 1: Identità - [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora