Capitolo 36 - Divisioni e fazioni -

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Giuseppe aveva tenuto il discorso per molte ore ed aveva ottenuto il sostegno di molti concittadini amareggiati e delusi dall’atteggiamento del Patriota che sembrava essere privo di una sua volontà, al servizio degli inglesi, uomini assetati di potere, i quali volevano impossessarsi della Corsica.

Assieme ai suoi fratelli Napoleone, Luciano e Luigi, tornò a casa quando il sole era tramontato da parecchio. La madre e le sorelle li accolsero con un sospiro di sollievo, preoccupate per il trambusto che si era creato.

- Siamo uomini, madre, non ci fermerà un’accesa discussione - le rassicurò il primogenito con un ampio sorriso; Napoleone le scrutò senza parlare e senza modificare la sua espressione seria. Poi lanciò un’occhiata ai due fratellini che piombarono in cucina.

- Vi prepariamo la cena… - sorrise la madre osservando i suoi figli più grandi, di fronte a lui. I suoi bambini erano già cresciuti, erano già uomini, totalmente diversi, entrambi consapevoli delle loro responsabilità nei confronti dell’isola e del lavoro.

Alzò le braccia e avanzò verso di loro, per abbracciarli, Giuseppe ricambiò quel gesto. Napoleone si era già allontanato, senza che se ne accorgessero. Letizia non riusciva più a capire il comportamento del secondogenito, era ancora attaccato a lei, le dimostrava affetto e rispetto, seppur in maniera dicersa, distaccata, composta, quasi come se temesse un contatto fisico - Vai da lui Giuseppe - sussurrò sciogliendo l'abbraccio.

- Sì madre - annuì Giuseppe fingendo di non notare la preoccupazione della madre - Finalmente anche questa giornata è finita! - disse quasi strisciando il suo corpo verso il divano e vi cascò sopra come un sacco di patate - Nabulio, da quando sono andato a fare il discorso non hai aperto bocca... anche tu sei stanco? - chiese stupito il fratello mentre ciondolava la testa, appoggiato sullo schienale.

Napoleone si avvicinò alla finestra per guardare il panorama rimanendo in silenzio

- Allora? Perché non rispondi?

- Non ha importanza - effuse solamente.

Il fratello lo fissava con attenzione, cercando di intuire i suoi pensieri. Poi come un’illuminazione gli balenò nella mente un'informazione che avrebbe dovuto riferire al fratello - Ma dove ho la testa...

Napoleone si voltò repentinamente verso di lui - È successo qualcosa?

- Ho dimenticato di dirti una cosa con tutti gli impegni che ci sono stati oggi - gli riferì dandosi un colpo sulla testa.

- Spero che non sia tardi per dirla ora...

- No, per fortuna, Nabulio, anche se in realtà non dovrei, perché è solo una voce - riferì guardandolo negli occhi glaciali - Il conte di Mirabeau, rimasto in contatto e conoscendo benissimo Saliceti, che gli ha parlato della nostra situazione quando era a Parigi, sarebbe disposto a proporre all'assemblea nazionale il permesso di autogoverno della nostra isola, essendo ormai integrati e soggetti alla legge francese...

- Quando dovrebbe esserci la votazione? - domandò Napoleone, i suoi occhi erano lucenti.

- Tra un mese, credo - ammise il fratello maggiore.

- Preparamoci a lottare - emise lapidario, alla fine, mettendo le braccia dietro la schiena, tornando a guardare fuori.

Giuseppe ingoiò la saliva, quell'ultima affermazione del fratello lo aveva rabbrividire dal terrore, non aveva minimamente considerato che una simile decisione avrebbe potuto scatenare una guerra civile tra famiglie e fazioni. Invece di migliorare e semplificare l'intricata situazione corsa, l'avrebbe resa più ingarbugliata e tesa.

Osservò nuovamente Napoleone che se ne stava ritto, taciturno, con lo sguardo fisso su qualcosa nota solo a lui, pensieroso e concentrato. Percepiva la tensione che provava, sapendo che non si sarebbe tirato indietro nel difendere la sua posizione e le sue idee. Era sempre stato così, caparbio, testardo e determinato fino all'impossibile.

L'Uomo Fatale - 1: Identità - [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora