Capitolo 171 - Ripiegamento -

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30 ottobre

"Alvinczy sta commettendo lo stesso errore di Wurmser" rifletteva Napoleone tenendo gli occhi costantemente sulla cartina "Ossia non avere una strategia d'insieme, devo sfruttare la situazione al massimo". Nonostante la notizia positiva, il generale corso non si sentiva affatto tranquillo.

Se solo avesse ricevuto più soldati e soprattutto più aiuti dalla Francia. I suoi uomini per quanto fedeli, cominciavano a soffrire la fame, non potevano razziare ancora quei luoghi. E la fame oltre a generare nervosismo tra i ranghi, li rendeva più deboli e quindi, maggiormente esposti ai mali di stagione.

Sarebbe stato un guaio serio perdere i pochi uomini che aveva a disposizione, tuttavia non si sarebbe tirato indietro di fronte alla nuova minaccia che incombeva sul destino dell'esercito stesso e della Rivoluzione. "Fino a quando ci sarà anche la minima speranza di sconfiggere definitivamente l'Austria e di ottenere vantaggio, non mi fermerò". L'esito dell'intera campagna dipendeva dalle battaglie contro quell'osso duro da mettere all'angolo, da affrontare con ogni energia.

Nato il 1° febbraio 1735 in Transilvania, nel castello di Alvicz, il barone Joseph Alvinczy von Berberek era di etnìa mangiara, ossia ungrica, la principale delle sette tribù ungare, che si insediarono nell'omonimo territorio, alla fine del IX secolo d.C. Si arruolò giovanissimo in un reggimento di ussari e rapidamente scalò le gerarchie: partecipò alla Guerra dei Sette Anni con il grado di capitano, giungendo a quello di secondo maggiore alla fine del conflitto.

Negli anni successivi, divenuto generale, venne nominato dall'imperatore Giuseppe II, figlio maggiore di Maria Teresa, insegnante di tattica del nipote Francesco. Partecipò alla guerra russo turca, che vide contrapposta Vienna all'impero sotto i Romanov, fu nominato feldmarschallleutnant, cioè feldmaresciallo luogotenente: fallita la conquista di Belgrado venne mandato in Belgio per sedare una rivolta anti-austriaca. Non raggiungerà mai il suo obiettivo, una caduta da cavallo lo compromise per un paio di anni.

Dal 1793 combatterà più volte contro i rivoluzionari francesi, i suoi ottimi risultati lo portarono al grado di feldzeugmeister, ossia comandante dell'artiglieria austriaca: il grado più alto secondo solamente a quello di feldmaresciallo. Due anni dopo assunse brevemente il comando dell'esercito dell'Alto Reno e, sul finire del 1796, quello dell'esercito nel Nord Italia, per liberare Mantova dalla minaccia francese, senza particolare entusiasmo. Combattere contro un'armata di straccioni esaltati, guidati da un ragazzo che aveva battuto i precedenti comandanti soltanto per fortuna, non era nelle sue corde.

Ma non poteva disobbedire agli ordini del suo ex allievo e sovrano del Sacro Romano Impero e, organizzata in fretta un'armata, in gran parte composta da miliziani tirolesi, si stava preparando a raggiungere il campo di battaglia. Era disciplinato, dalla grande intelligenza e conoscenza militare, oltre al coraggio che non gli mancava di certo, di sicuro il miglior generale contro cui Bonaparte si sarebbe battuto in Italia, di questo era assolutamente certo.

Per questo Napoleone si era scervellato per giorni interi nel cercare di intercettare alla perfezione le intenzioni del nemico, sebbene non fosse completamente sicuro di ciò che aveva intenzione di fare, oltre a riconquistare Mantova. Aveva già pensato a come sistemare le truppe, pur non amando doverle sparpagliare, era l'unico modo per occupare quanto più terreno possibile, intercettare qualsiasi spostamento di divisioni nemiche e aggiornarsi - In questo momento sarà la nostra migliore strategia - aveva ribadito il discorso con un lungo respiro.

Dunque, Vaubois sarebbe rimasto a San Michele all'Adige, pochi chilometri a nord di Trento, con i suoi 10.000 uomini - Dovrà bloccare ogni penetrazione del Tirolo - La vallata del Brenta lo avrebbe collegato con i 5000 di Masséna, schierati tra Bassano e Cittadella, la prima linea - Saranno loro ad affrontare gli austriaci da est e dietro di loro si disporranno le armate di Augereau e Joubert, che controlleranno il territorio compreso tra il nostro quartier generale, ubicato qui a Verona e Legnago - inoltre doveva sperare che Kilmaine e i suoi 8000 uomini continuassero l'assedio a Mantova, bloccando Wurmser nella fortezza cittadina.

L'Uomo Fatale - 1: Identità - [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora