Capitolo 2 (seconda parte)

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Provo a telefonare ad Audrey per la decima volta, appoggiato al muro esterno della struttura in cui ci alleniamo

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Provo a telefonare ad Audrey per la decima volta, appoggiato al muro esterno della struttura in cui ci alleniamo. Ormai è sera, anche se le ultime luci del tramonto ancora si vedono all'orizzonte nello spazio aperto che ospita il parcheggio riservato a noi della Vulnus. I ragazzi stanno andando via un po' alla volta. Niko e Jemmy si dileguano in fretta per raggiungere le loro ragazze che li aspettano a casa di Niko, Ryan si prepara a fare serata da qualche parte con la sua aria sbarazzina, mentre uno dei ragazzi delle giovanili si incammina a passo trasognato mentre è al telefono con la madre per dirle che sta arrivando per cena.

Léo si volta verso di me per salutarmi con un cenno della mano, prima di mimetizzarsi nella sua automobile scura, più nera della sua pelle.

Traggo un profondo sospiro, quando capisco che anche questo tentativo di contattare Audrey è destinato a fallire. Mi sta ignorando deliberatamente e non credo che sia a causa del fuso orario. Nonostante qui sia quasi sera e a New York primo pomeriggio, sono abbastanza certo che non stia lavorando. I genitori l'avranno riaccolta a braccia aperte dandole un ruolo nella loro agenzia di viaggi, che aveva messo da parte per seguirmi in Italia. Come farà una madre single in carriera a badare anche a Liam?

Come può garantirmi che me lo farà vedere nonostante l'oceano di mezzo?

Non sono stato un cattivo padre, non può impedirmi di trascorrere del tempo con lui.

«Stai bene?»

Teo mi trova immobile rispetto a com'ero nel salutare Léo. Gli altri stanno andando via diretti a casa e io sono qui con il telefono in mano a sperare di sentire la voce di mio figlio.

«No, non sto bene» ammetto.

«Vieni a cena da me?» mi propone. «Anja va fuori con altre donne della squadra e devo badare ai bambini. Ti va?»

«Ma sì, certo.» Lascerò la mia auto qui, ma la recupererò domani. Se non posso vedere Liam, almeno potrò tenere compagnia ai figli di Teo insieme a lui.

Mentre siamo in macchina, gli racconto la situazione, che finora ho tenuto più o meno celata. Mi vergognavo a dire che il mio matrimonio era stato fallimentare, non quando gli altri ragazzi avevano solo delle belle notizie, come la futura paternità di Jérémy o il matrimonio di Niko o la convivenza di Pala.

Io e Audrey abbiamo deciso di separarci questa estate, dopo aver compreso che il sentimento che ci univa si era dissolto e che nessuno dei due riusciva più a fare nulla per tenerlo acceso. Il mio pensiero assillante non è sperare che torni con me, perché non riuscirei ad amarla. Con lei i miei giorni erano diventati noia, senza alcun entusiasmo.

«Se non ci fosse stato Liam credo che avrei rischiato la depressione. Vederlo, giocare con lui, aiutarlo con i compiti... mi dava una gioia che non mi dava nient'altro. Neanche le partite» concludo.

Teo annuisce. Dev'essersi accorto che il mio finale di stagione, pochi mesi fa, è stato a dir poco disastroso e che non sono riuscito a dare alla squadra quanto avrei dovuto e quanto i miei compagni avrebbero meritato. Non è un uomo di tante parole, ma si fa comprendere. E a me ora non serve qualcuno che mi batta una mano sulla spalla e che provi compassione per me – per quanto Pala sia stato comprensivo nei miei riguardi... ma è solo un ragazzo. Mi serve qualcuno con cui poter alleggerire le mie pene e che è in grado di darmi una parola di conforto.

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