Capitolo 27 (seconda parte)

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Apro gli occhi per primo quando la sveglia accanto a me segna le sette e undici minuti

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Apro gli occhi per primo quando la sveglia accanto a me segna le sette e undici minuti. Lavinia è rannicchiata in posizione fetale e mi dà le spalle: anche se voleva dormire abbracciata a me, durante la notte si è distaccata per conto proprio. Per lei dev'essere strano non essere da sola nel proprio letto.

Anzi, per lei dev'essere strano dormire con uno che ha il pisello che gli si indurisce appena la sfiora.

Mi guardo in mezzo alle gambe, è di nuovo dritto e bello arzillo. Chissà che sogni devo aver fatto per ridurlo in questo stato di dipendenza da lei... Lei che, per inciso, ancora non mi ha fatto nulla, se non abbassarlo per sminuire il mio imbarazzo.

Imbarazzo.

Potrebbe essere la parola che meglio rappresenta la nostra relazione. Al di là del benessere psicologico e fisico che provo stando accanto a Lavinia, c'è una forte componente di imbarazzo, che deriva prima di tutto dalla sua situazione, ma che ora dipende anche dallo stato del mio amichetto.

Whisky sta ronfando beatamente, così approfitto della quiete e mi alzo per fare colazione.

Infilo i calzini e cammino sul pavimento freddo fino alla cucina. Quando sono arrivato a Villafiore, i ragazzi della squadra mi hanno regalato una macchinetta per l'espresso che mi ha salvato, perché utilizzare quel loro aggeggio per il caffè è più complicato della fisica quantistica.

Inserisco una cialda e aspetto che riempia la mia tazzina, quando sento dei passi alle mie spalle. Lavinia, ancora assonnata, mi ha raggiunto fin qui. Dalla canottiera aderente mi attirano i due puntini che indicano i capezzoli inturgiditi, che mi fanno pensare che anche lei abbia avuto sogni poco casti.

«Potevi rimanere a letto» le dico.

Non risponde, si limita a cingermi con le braccia dalla mia destra. «Mi vergogno perché sono sempre stata innamorata di te. Se mi piaceva qualcun altro era per riportarmi con i piedi per terra e ricordarmi che tra noi c'era una distanza che non potevo colmare. Ma nel profondo non pensavo a nessuno che non fossi tu.»

Ha risposto alla mia domanda di ieri notte.

Sono sempre stata innamorata di te.

Continua a esserci uno squilibrio tra noi: lei è completamente persa per me e io... io sono io, con anche dei problemi sessuali.

«Per questo ogni tanto mi respingi?» Me ne sono accorto, a volte ha dei momenti in cui si separa da me. Non sempre sono fisici, a volte utilizza le parole per tenermi distante – ma ci ho fatto caso.

«Sembra tutto troppo bello per essere vero. Mike, io sto vivendo un sogno e a volte ho bisogno di riprendere contatto con la realtà per ricordarmi che invece è reale.»

Le porgo la prima tazzina colma di caffè, da una credenza prendo il barattolo dello zucchero e da un cassetto un paio di cucchiaini.

«Invece è reale» ripeto. «E non devi vergognarti.»

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