Capitolo 6 (seconda parte)

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Liam mi corre incontro sorridente

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Liam mi corre incontro sorridente. Mi chino per abbracciarlo, e anche lui ricambia la stretta. Le settimane trascorse dall'ultima volta in cui ci siamo visti pesano come anni interi di assenza.

«Papà, mi sei mancato tantissimo.»

Il cuore fa un tonfo sordo nel mio petto, mentre lo tengo stretto a me. Sono rincuorato e felice di sentirglielo dire. Ci sono stati dei momenti in cui temevo che mi avrebbe odiato.

«Allora, vogliamo andare?»

Audrey, subito dietro di lui, è in piedi con un trolley gigante per mano. Indossa un semplice paio di jeans e una maglia che mettono in risalto il suo corpo – un corpo che non mi attrae più, così come non mi attraggono i suoi occhi vispi e grandi, né la sua bocca carnosa. È proprio lei a non attrarmi affatto, non dopo la separazione fredda, non dopo avermi ignorato per settimane e per avermi nascosto il loro futuro arrivo qui.

Non dopo che io stesso mi sono allontanato da lei e ho scoperto di non sentirne l'assenza.

Prendo Liam per mano e alleggerisco Audrey di una delle valigie.

«Prendiamo il treno» la avviso. Mi aveva chiesto di venirci a prendere in automobile, ma il treno è una valida alternativa. Almeno, questo è ciò che le dico mentre procediamo verso la stazione adiacente all'aeroporto. La verità è che non voglio mettermi al volante al posto di sedermi con calma e passare del tempo con Liam. Non dopo aver atteso tanto per poterci parlare a tu per tu.

Audrey sbuffa, ma non sembra intenzionata a rimbeccarmi oltre.

«Il viaggio è andato bene?» le chiedo.

«Ci sono state un po' di turbolenze, abbiamo dovuto fare due scali... ma è andato bene. Non si è perso neanche un bagaglio.»

Mi accorgo che ha anche uno zaino sulla schiena, così mi fermo per prenderle anche quello. Peserà chissà quanti chili e lei non è mai stata una donna che si tiene in allenamento. Accetta il mio gesto gentile senza replicare; ho pensato che mi avrebbe liquidato con un "questo non ti fa perdonare per il treno".

Riprendo Liam per mano, che saltella allegramente per tenere il mio passo. Ha anche lui uno zainetto sulle spalle, ma non lo intralcia affatto.

«Com'era New York?» gli chiedo.

«Grande. I palazzi sono altissimi... più di quelli che abbiamo visto a Dubai!» esclama, ricordando un vecchio viaggio fatto insieme l'estate scorsa. «Ci sono tanti negozi, tante persone...»

«Ti sarai fatto tanti amici, allora.»

«Solo uno. Mi mancherà, ma mamma ha detto che possiamo videochiamarlo.»

«Certo. Quando ero piccolo io non c'erano le videochiamate.»

«E come facevi per gli amici lontani?»

«Non avevo amici così tanto lontani. Usavo il telefono di casa per quelli della stessa città e basta. Mia mamma scriveva delle lettere alle vecchie compagne di scuola...»

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