Capitolo 24 (prima parte)

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Appena sono da solo con Lavinia, in ascensore, ci scambiamo un altro lungo bacio

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Appena sono da solo con Lavinia, in ascensore, ci scambiamo un altro lungo bacio. Whisky ci fa le feste camminandoci tra i piedi, ma nessuno dei due gli bada granché. Baciarla sta diventando una delle cose che preferisco sul pianeta, perché lei è inesperta e ogni tanto si muove impacciata, ma sta migliorando bacio dopo bacio e ci mette tanto sentimento ogni volta in cui le sue labbra incontrano le mie.

«Volevo dirti una cosa» sussurra poco dopo, quando siamo in macchina.

«Ti hanno messa a disagio?» le chiedo preoccupato. «Mi era sembrato che, a parte il discorso sui viaggi di nozze, fosse andato tutto bene.»

Sorride, posando una mano sulla mia mentre mi allaccio la cintura. «No, quello è normale. So di essere io quella strana per essere uscita da Villafiore due o tre volte in tutto. No, ecco... mi dispiace per tuo padre.»

Mio padre.

Abbasso lo sguardo sul volante. Non intendo raccontarle come sono stato, perché è una ferita che si rimargina a fatica ogni volta in cui viene affondato il coltello nella carne del ricordo. Cerco di non pensarci, perché la sua improvvisa scomparsa è stata dura da accettare. Sono affezionato a lei e provo un sentimento profondo in sua compagnia, ma non è il momento che mi apra su questo. Non sono pronto. «Non è necessario che tu me lo dica.»

«Sì che lo è» ribatte lei, con una dolcezza risoluta. «Ho ascoltato e letto alcune interviste in cui ne hai parlato, quindi non devi farlo anche con me. Ma so che hai sofferto e mi dispiace, tutto qui. Sei una bella persona, Mike, ed è triste che più le persone sono buone più siano messe a dura prova.»

Mi stringe una mano nella sua, è fresca e delicata come i petali di un fiore.

Non pensavo che avremmo affrontato questo discorso, non così presto. «Davvero, non...»

«Davvero» insiste Lavinia. «Non parlarne, in questo momento ti farebbe solo peggio. Ma prima ti sei rabbuiato e credevo che fosse giusto dirtelo, per ciò che conta.»

«Quello che dici tu conta tanto.» Le rivolgo un sorriso accennato, per farle capire quanto sia importante per me, e lei ricambia. Apprezzo che non mi forzi a parlarne, ma che voglia farmi sentire la sua vicinanza.

«Allora ricordati che se starai male per questo e avrai bisogno di conforto o anche solo di un abbraccio silenzioso, potrai contare su di me.» La sua voce trema, percepisco l'imbarazzo misto a coraggio nel parlarmi così. «Ho sempre tenuto a te, quindi ci sarò.» Si sporge per darmi un bacio sulla guancia.

«Grazie.» Mi porto una sua mano alle labbra, sfiorandola. Le sue parole sono preziose, più di quanto lei possa credere.

Accendo il motore e parto. Rimaniamo in silenzio per un po', finché non decido di spostare il discorso su toni più leggeri. Meglio parlare di tutt'altro.

«Che ti è parso dei ragazzi?» le chiedo, spiandola con la coda dell'occhio mentre si scioglie i capelli e li lascia ricadere attorno al viso e sulle spalle.

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